All’aeroporto dedicato a Ben Gurion, la ragazza israeliana chiede ad ogni pellegrino: “Porta armi con sé? Materiale esplosivo, un qualcosa d’appuntito?” Il pellegrino, istruito a dovere dall’esperta guida, sa già di dover rispondere “no”. Eppure, a ben pensarci, c’è un qualcosa di più esplosivo d’un cuore ch’è tornato ad abbracciare il suo Dio? Qualcosa di più affilato di un animo che, all’alba della ottava di pellegrinaggio, s’è fiondato, di buon mattino, al sepolcro per celebrar la messa col Dio Risorto?
Ecco il momento che tutti aspettavamo, quell’attimo che avrebbe dovuto portare la stretta dei cuori, l’incantesimo, la grande poesia. Il Santo Sepolcro, anche di notte, è un cantiere in attività: si continua a scavare, a perlustrare, ad andare in profondità. Chissà quali altre sfaccettature del Mistero l’archeologia saprà farci assaporare nei tempi futuri. Il Gòlgota non si vede più: è tutto ricoperto dagli edifici. Il Santo Sepolcro, benché sia una cosa immensa, è un’eterna rovina al confronto della bellezza moderna. Possiede un qualcosa di bollente, però. Il ghiaccio spirituale dell’uomo d’oggi, al solo contatto della sua memoria, sembra sciogliersi in un dubbio: “E se davvero fosse accaduto ciò che i cristiani, da millenni, annunciano sfidando le torture?” Buona Pasqua: Cristo è veramente risorto! verrebbe da rispondere alla ragazza dell’aeroporto se, solo, sapessimo che tale risposta non necessiterebbe di chiarimenti che non tutti, poi, condividerebbero a cuor leggero. Il mondo ha ancora il conto aperto con Dio.
In attesa dell’imbarco, non resta granché dell’aspettativa quasi magica dei volti atterrati otto giorni fa. Dicono accada spesso (e volentieri) così, da queste parti: che la delusione “faccia novanta” appena ci si imbarca per ritornar a casa. Tutti coloro che vengono per la prima volta in vita a fare visita ai luoghi santi di questa terra – anche se sono preparatissimi, o si sono dati da fare per esserlo – confessano una qualche delusione: “Pensavo di ritrovare il presepe di casa qui, invece certi posti mi han proprio deluso. Sono rimasta tanto male” racconta una signora all’amica. Le grandi aspettative, d’altronde, sono spesso il preludio delle grandi delusioni. Che, a fare bene tutti i conti, altro non sono che una scomoda realtà: che ci ostinavamo a non vedere, però. “È tutto qui?” mi ha chiesto l’altro giorno una persona che mi camminava accanto tra le rovine di Gerico. È tutto qui il cristianesimo, tutto ciò che fa di esso la trama della storia più ambiziosa e paradossale?
“Sì, il cristianesimo è tutto qui – viene da rispondere –: una storia così umana d’apparire impossibile anche solo a crederci”. Distratti dall’ansia dei selfie dappertutto, impensieriti se sul pullman ci sarà la connessione wifi, con il fiato in gola per stare dietro al programma che si è pagato, quaggiù, se si vuol capire qualcosa, sarà necessario frenare di colpo gli entusiasmi per non finire di brutto dentro il fosso dello sconforto. La delusione di Giuda, nell’aver sentito il fallimento della sua gloria piovergli addosso, è una storia che tutti conoscono. Che da più parti giurano faccia ancora danni ai cuori in cerca di amicarsi Iddio.
Quando sulla pista di Tel Aviv il Boeing di Ita-Airways accende i motori, il (vero) pellegrinaggio sta per iniziare. Ciò che finisce porta sempre una tristezza, anche quando tutto è andato per il meglio. Stavolta, invece, si tratta d’iniziare la vera avventura: quella di rimettere mano alle aspettative deluse e di fare i conti con la realtà incontrata. Che, a dare retta ai Vangeli, non delude mai. Non fosse altro che per il fatto d’aver avuto l’occasione, almeno una volta, non soltanto di vedere dove Cristo si è divertito a dispiegare il suo bozzetto di salvezza, o dove milioni di pellegrini hanno lasciato traccia dei loro sguardi, delle loro scarpe, dei passi. Qui, stavolta, il pellegrino avrà rischiato, forse, di incontrare se stesso, magari proprio nell’istante in cui Cristo l’avrà adocchiato da dietro un qualcosa di così semplice da non destare il minimo sospetto: un pino mugo, un cipresso, una pietra. Da delle cose così. Il cristianesimo è (davvero) tutto qui: nelle trame di una storia così magra e anonima che nessuno, nemmeno quella prima volta, pensava contenesse il Mistero tutto intero. Se, solo, non fosse stato il Mistero stesso ad avvicinarsi. A farci percorrere i suoi sentieri impolverati per regalarci il profumo della menta, l’essenza dell’incenso. Per farci scoprire che, dopo tutto il viaggiare, la vera Terra Santa è il nostro quotidiano che ci ostiniamo a vivere.
È la storia di un vuoto che, stavolta, più che paura infonde speranza.
(8 – fine)
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