Da tempo immemorabile, attraverso le nostre cronache latinoamericane, abbiamo descritto l’espansione dei movimenti narco e degli “eserciti” di terroristi a loro legati nel Continente. Puntualmente ogni settimana accade qualcosa che conferma il fatto e mercoledì scorso un candidato alla presidenza dell’Ecuador, Paese nel quale il 20 agosto si terranno elezioni, è stato brutalmente assassinato da sicari che lo hanno attaccato mentre usciva in strada dopo aver partecipato a un incontro politico, a Quito.
Fernando Villavicencio aveva 59 anni ed era il candidato della destra: giornalista di lunga data, autore di una quantità innumerevole di inchieste (circa 260) che negli anni si sono focalizzate sull’ex Presidente, Rafael Correa, e altri politici. Alle elezioni si sarebbe presentato nel gruppo “Movimiento Construye” e durante la sua carriera è stato sindacalista nell’impresa Petroecuador così come deputato presso l’ Assemblea nazionale dal 2021.
Era nato ad Alausì, una città situata nel centro del Paese e ne era fierissimo: “Sono un Alauseño – sosteneva – che conosce perfettamente come il pane arriva nelle tavole di tutti noi e che sa come si coltiva il grano perché partecipavo alla mietitura da piccolo”.
Nel corso della Presidenza di Correa, Villavicencio denunciò di aver subito persecuzioni al punto che nel 2022 aveva pubblicato una minaccia a lui rivolta proprio da Correa stesso che, ricordiamolo, accusato e condannato per corruzione, si trova attualmente rifugiato in Belgio. “Ti ricordi quando, morto di paura, ti sei pure scusato delle tue infamie? Sei un codardo senza vergogna e tra poco la tua festa arriverà alla fine”, gli scrisse il 13 novembre del 2022.
E proprio la prossima tornata elettorale potrebbe portare alla vittoria della formazione di sinistra, denominata “Revolucion Ciudadana”, il cui leader storico è proprio Correa: i sondaggi danno in cospicuo vantaggio proprio la candidata di questo partito Luisa Gonzalez Alcivar.
Dal maggio 2021 l’imprenditore e banchiere Guillermo Lasso è Presidente e le sue politiche hanno tentato, inutilmente, di portare il Paese al di fuori dell’assistenzialismo esasperato tipico dei Governi populisti latinoamericani (e non solo), ma ciò non è servito a far progredire la nazione dove invece l’insicurezza, alimentata dalla proliferazione di bande armate al servizio dei narco, ha reso l’Ecuador una dei luoghi più pericolosi del Sudamerica.
Lasso a questo punto ha chiesto l’aiuto dell’FBI statunitense per indagare sull’omicidio di Villavicencio, ma ciò avviene in un clima di fortissima tensione interna dovuta anche all’aumento della povertà che si è registrato dopo un cambio di gestione dello Stato assolutamente troppo repentino e radicale che ha pure distrutto sia il sistema della salute che l’istruzione, come, guarda caso, si è verificato pure nel nostro Bel Paese.
Il punto è che ormai, da anni, è assodato come mafie e gruppi narco gestiscano nazioni intere, fomentando le politiche ultra-assistenziali del populismo (o del progressismo radical-chic ZTL in Europa) che alla fine annullano non solo la democrazia, ma anche la possibilità di una via socialdemocratica che, attraverso processi che creino condizioni di bene comune e di sviluppo, possano portare il necessario benessere.
Il che nasce, o per lo meno così è quasi sempre stato, da un sostanziale processo di compromesso politico nel quale è presente un centro molto forte che possa bilanciare i due estremi della questione, cosa che non accade per la sparizione di partiti legati a quest’area politica e quindi lascia aperto il gioco degli opposti estremismi che alla fine porta le nazioni verso i disastri più totali, nei quali da anni, specie in America latina e in Africa (come si vede sempre più chiaramente nell’attualità) viene favorito il gioco geopolitico di due potenze (la Russia e la Cina) che “aiutano” economicamente nazioni a evitare il collasso economico in cambio dello sfruttamento delle loro risorse energetiche, agricole e minerarie.
Vedremo cosa accadrà ora in Ecuador e anche in un’Argentina dove domenica scorsa si sono svolte le elezioni per votare i candidati alla presidenza di ciascuna area politica: ma pure lì il cammino potrebbe (lo diciamo senza conoscere i risultati elettorali) essere risolto dal ritorno a una Repubblica con uno Stato di diritto per vivere una democrazia. Ma purtroppo, a meno di piacevoli sorprese, questa soluzione non godrebbe di un vero appoggio internazionale sia da parte degli Stati Uniti che di una Ue che ormai sembrano decisamente, oltre che in confusione politica totale, pure fuori dai giochi per non aver mai considerato l’America Latina (come l’Africa, lo ripetiamo) un asse centrale delle loro iniziative.
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