L’11 settembre scorso, nelle prigioni di Lima dove scontava l’ergastolo, è morto Abimàel Guzman. Il suo nome in Italia è poco conosciuto, ma lo è di più l’organizzazione terrorista da lui fondata in Perù all’inizio degli anni ’80: Sendero Luminoso, un gruppo terroristico tra i più crudeli della storia, responsabile di circa 70.000 morti.
Nato ad Arequipa, una delle città più tranquille del Perù, dove per contrasto si sono sviluppate tutte le rivoluzioni che hanno sconvolto la storia del Paese, la “Quarta spada del Marxismo”, come amava definirsi, studiò Diritto e Filosofia per poi convertirsi a fanatico di Mao Tse-Tung e della sua Rivoluzione cinese, che preparò per anni in maniera meticolosa, fino a farla scoppiare avendo come epicentro l’Università di Huamauaga, nella città di Ayacucho, da dove provennero i suoi primi, fanatici seguaci, per poi trasferire la lotta nel Perù Andino, la parte più isolata e povera del Paese, dove inizialmente le sue imprese che generarono infiniti atti di violenza provocando migliaia di morti trovarono un segreto appoggio dei “campesionos”, gli agricoltori della Sierra, che aiutarono il gruppo a espandere le sue atroci azioni poi in tutto il Paese.
Nel 1983 ebbi una lunga esperienza di viaggio che mi portò da Cuzco, l’antica capitale Inca a risalire il Rio delle Amazzoni (che li si chiamava Ucayali) e, attraverso persone conosciute in un lungo viaggio sui natanti che servivano agli indios per portare le loro produzioni agricole ai mercati, mi venne offerta l’opportunità di conoscere un gruppo di componenti di questo vero e proprio Esercito Rivoluzionario, proposta alla quale, con una certa dose di pazzia, aderii.
Dopo una giornata di cammino arrivai in un accampamento e parlai con molti di loro, tutti giovanissimi o quasi, totalmente invasati fino al cieco fanatismo del Maoismo e della loro intenzione, di cui ostentavano una cieca sicurezza, nel poter ripetere le gesta del loro idolo nella Lunga Marcia intrapresa in Cina. Dopo poche ore tornai e ovviamente conservai quel ricordo, che fu uno dei tanti in quel meraviglioso cammino che avevo deciso di intraprendere sulle orme di Leonard Clarke, esploratore statunitense e archeologo, che nel 1947 attraversò l’Amazzonia alla ricerca del posto dal quale gli Inca, la classe regnante dell’etnia Quechua, erano fuggiti dal Machu Picchu, considerato da Clarke l’ultimo loro rifugio nascosto dalla fitta vegetazione e invisibile dal fiume che li aveva preservati dall’invasione dei Conquistadores.
Clarke poi scrisse un testo, “I fiumi scendevano a Oriente”, in cui raccontò questo viaggio con una capacità descrittiva talmente grande che al leggerlo si centellinavano le pagine perché sembrava veramente di trovarsi a fianco di questo esploratore in una natura meravigliosa. Tanto che il libro fu preso, per alcuni anni in Italia, come testo consigliato nella scuola media unica.
Ma torniamo ai fanatici di Sendero Luminoso che misero a ferro e fuoco l’intero Perù con migliaia di attentati e distruggendo di tutto: a un certo punto l’egoismo che investe persone assetate di potere con l’ottenerlo superò i limiti della pazzia e Guzmàn, ormai sicuro dell’appoggio campesino, che ormai formava gran parte del suo esercito protagonista di azioni terroristiche clamorose nelle città, iniziò a dominarli in maniera spietata, proibendogli di recarsi nei mercati per vendere i prodotti del loro lavoro sulla terra. Fatto che diede inizio a una vastissima rivolta contro il loro supposto Messia. Fu l’inizio della fine di uno dei più tragici periodi della storia peruviana e ben presto, con l’avvento alla Presidenza di un uomo forte, di cittadinanza giapponese, Alberto Fujimori, che attrezzò l’esercito e iniziò una vera e propria guerra con azioni violentissime e un colpo di Stato che, nel 1992, lo trasformò in un dittatore che estese il suo regime fino al 2000, attraverso lo scioglimento delle Camere, elezioni di facciata e la nascita di una nuova “Costituzione”.
Nel 1993 i servizi segreti finalmente catturarono sia il leader di Sendero Luminoso che sua moglie e la storia finì con massacri totali che estinsero il Movimento. Tutti i suoi seguaci in vita vennero condannati all’ergastolo, così come ovviamente Guzmàn e la moglie, Elena Iparraguirre, la numero due dell’organizzazione terrorista.
Il tempo è però un’entità strana, che nel corso del suo trascorrere, anche per i ricambi generazionali, influisce sulla Storia distanziandosi dai contesti e dalle situazioni, spesso alterandole com’è accaduto in Argentina con un altro terribile Esercito terrorista (qui con tanto di cappellani al seguito): i “Montoneros”, protagonisti di una violenza che, in pratica, portò il Paese alla guerra Civile e che dal 1969 fino al 1975 (anno del Golpe Militare) scosse l’Argentina con migliaia di attentati, 4.000 bombe e 1.800 morti. Successivamente, con il ritorno della democrazia, vennero condannati e poi amnistiati fino ad arrivare all’avvento del kirchnerismo che li santificò non solo promuovendoli ad alti incarichi di Governo, ma definendoli “la gioventù meravigliosa”, esempio da seguire per le giovani generazioni.
In Perù, con l’avvento del Presidente Pedro Castillo, che ha vinto le ultime elezioni svoltesi quest’anno, il suo movimento, denominato “Perù Libero”, in gran parte formato dalla classe dei “Campesinos”, ha tentato di riportare in auge la tristissima epoca terroristica passata, non solo chiamando Ministri con un triste passato, ma ponendo in primo piano la liberazione di Guzmàn dal carcere.
La sua morte, a 86 anni, ha bloccato una decisione che è stata fortemente contrastata dall’intera società peruviana, memore di quella pazzia, e non solo da una opposizione che detiene una maggioranza in Parlamento. Nel corso di questi anni di pena Guzmàn non ha mai proferito una parola di pentimento per i massivi massacri di cui è stato protagonista e le manifestazioni di protesta, tra le quali quelle dei parenti delle vittime dei suoi attentati, hanno portato alla decisione di cremarne il corpo: ancora non si sa se le ceneri saranno consegnate alla moglie o, come molti pretendono, disperse in mare (come accaduto a Bin Laden). Ma il tragico ricordo di quell’epoca è ancora vivo e sicuramente proseguirà in un Perù che, nonostante il risultato elettorale, non ha alcuna intenzione di sacrificare il proprio futuro democratico in nome di rivoluzioni che in America Latina come nel resto del mondo, hanno provocato miseria e messo al potere dei dittatori, come in Venezuela e Nicaragua.
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