MINNEAPOLIS – Festa a New York City …. Beh, certamente c’è chi ha vinto e c’è chi ha perso. Ha vinto il democratico Eric Leroy Adams, ha perso il repubblicano Curtis Sliwa (così come hanno perso quegli altri sette od otto indipendenti sbucati fuori chissà da dove e che ora se ne torneranno chissà dove). E per quanto ovviamente gli elettori di Adams abbiano validissimi motivi per rallegrarsi più di quelli di Sliwa, tutti oggi si ritrovano a celebrare un fatto: che Bill de Blasio non e più il sindaco di New York.



Del resto nessuno si aspettava un ribaltone politico dall’elezione del sindaco. New York è una città liberal e progressista fin nel midollo delle ossa, profondamente “democratica”; neanche otto anni di pessima gestione (potremmo anche dire “mancata gestione”) da parte di de Blasio, “probabilmente il peggior sindaco della sua storia” – come si dice qui – potevano farle cambiare pelle. Ma per chi come me in questi lunghi 27 anni ha visto all’opera Rudy Giuliani (prima che impazzisse…) e Michael Bloomberg, già il pensiero di non avere più uno come Bill de Blasio a pretendere di guidarci è un sollievo ed un motivo di speranza.



Questa città è sopravvissuta a stento all’impatto del Covid-19. Sopravvissuta in qualche modo – almeno per ora – ma alla disperata ricerca di una dimensione che le permetta di riprendere vigore senza snaturarsi. Pensate solo ai 60, 70 milioni di visitatori all’anno che facevano girare la giostra, pensate a quell’insanabile frenesia di costruire sempre di più e sempre più in alto per adescare gli Headquarters di società grandi e piccole …ora che lo smart working ci ha reso la sedia del tinello più familiare della poltrona dell’ufficio. Pensate alla crisi abitativa di questa metropoli (una delle questioni su cui de Blasio otto anni fa incentrò la sua campagna elettorale). Pensate alla criminalità, che è tristemente tornata ad essere protagonista della vita quotidiana grazie anche alla “ritirata” della polizia, privata del sostegno del sindaco.



Così, fuori de Blasio e dentro Eric Adams.

Cosa cambierà ora? E chi è questo Eric Adams?

Un tipo strano – così si dice. Sessantuno anni, secondo sindaco di colore nella storia della città, non sposato, ma padre di due figli, autore di un paio di libri “salutisti”, ex capitano del Nypd (New York Police Department) dove servì dal 1984 al 2006, presidente dal 2014 del Borough di Brooklyn, il distretto più popoloso della città. Sicuramente una personalità interessante ed un fiero combattente sul fronte della giustizia razziale. Chiaro che è stato eletto perché democratico – come era successo con de Blasio, e perché come al solito i repubblicani sono riusciti a presentare un candidato impresentabile come Curtis Sliwa, conduttore radiofonico e fondatore del gruppo anticrimine “Guardian Angels”. Il pattugliamento della subway come fiore all’occhiello del proprio impegno civile, principale ragione di stima, fiducia, credibilità nei confronti degli elettori. Diciamo una specie di reincarnazione di Charles Bronson.

Insomma la vera battaglia Adams l’ha dovuta vincere non contro il candidato repubblicano, ma nelle primarie democratiche. È lì che le “fifty shades of liberal”, le cinquanta sfumature dell’essere liberal sono entrate in gioco attraverso una manciata di candidati, ed è lì che un po’ inaspettatamente i newyorkers hanno scelto un ex-poliziotto, un uomo che ha continuato a ripetere che mai e poi mai taglierà i fondi necessari a rendere questa città sicura, incredibilmente sicura, come ai tempi di Giuliani e Bloomberg.

La grande domanda è se la scelta di un uomo come Adams possa rappresentare un’indicazione di “nuovo corso” per il partito di Joe Biden.

I democratici escono fuori da questo martedì elettorale con un governatore in meno (Virginia) e tanti dubbi in più per il futuro prossimo. Nel sistema americano di “checks and balances” c’è una midterm election molto più vicina di quel che possa sembrare ed i democratici devono stare molto attenti se non vogliono perdere altro terreno.

Perché la politica è tutta una questione di gestione del potere… O no?

God Bless America!

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