MINNEAPOLIS – Se ci fosse qui Lorenzo Albacete… Proprio ieri, chiacchierando con Jonathan, il mio più caro amico americano, si ripensava alle “profezie” di Lorenzo. Per chi non sapesse di chi sto parlando, Lorenzo era il prete più geniale, sregolato, trasandato, fedele, missionario (e molte altre cose) che abbia mai conosciuto. Con lui ho viaggiato in lungo ed in largo per gli States raccontando e (spero e credo) portando l’amicizia di don Luigi Giussani da una costa all’altra.



Monsignor Albacete, da buon “latino” (era nato a Porto Rico ed era arrivato negli States da adolescente) aveva una gran passione per la sua gente, per tutti gli ispanici in generale. Io no, nel senso che li percepivo quasi come un corpo estraneo a questo paese. Mi ricordo che una delle cose che mi avevano infastidito di più era stata sentirli cantare l’inno americano in spagnolo durante una delle loro (tante) feste. Ma Lorenzo si ostinava a dire che, con mille errori e mille limiti, la popolazione latina era l’unica speranza della Chiesa. E quindi del paese. Io non ci ho mai creduto e non mancavo occasione per farglielo presente. E lui a ripetere: “You’ll see”, vedrai.



Oggi mi piacerebbe riprendere quelle conversazioni. Mi piacerebbe e devo ammettere che dovrei dargli ragione – non del tutto, non tanto, non esageriamo, ma un po’ sì. Soprattutto in quest’ultima elezione presidenziale è apparso evidente come i “latinos” sfuggano alla logica di quei blocchi ideologici in cui si è andato fossilizzando non solo l’elettorato ma tutto il modo di essere e pensare del popolo americano in questi anni.

Teoricamente ci si sarebbe potuti aspettare di trovare gli ispanico-latini (parliamo di una sessantina di milioni di persone, quasi il 20% della popolazione totale degli Stati Uniti) schierati in forze con Biden per combattere il nemico Trump, l’uomo del muro tra Stati Uniti e Messico, l’uomo che bolla coloro che passano il confine illegalmente come spacciatori di droga, assassini, criminali di ogni genere e specie e altre pessime cose. Eppure è un fatto che tanti ispanici abbiano scelto di sostenere Trump piuttosto che il “ticket libertario”.



Certamente a nessuno piace sentir definire la propria gente come criminale, ma il desiderio di libertà, il bisogno di sognare una vita migliore per se e per i propri figli fanno perdonare il Presidente per quel linguaggio così ostile e ingiusto con cui descrive una situazione che – gli ispanici lo sanno – ha i suoi aspetti di drammatica verità. Sono certo che Lorenzo mi direbbe che se c’è della gente su cui scommettere, gente che ci fa sperare, è quella che mette il cuore davanti a tutto. Scommettere su chi guarda al cuore prima degli schieramenti, di qualunque colore siano e qualunque promessa ci offrano.

E a proposito di “cuore”, mentre sembra calare il ritmo dei battiti rispetto ai risultati ufficiali delle presidenziali (c’è rimasto solo Rudy Giuliani o poco più a schiamazzare e sollevar polvere), aumentano i battiti per la vicenda personale tra Donald e Melania. Tutta la stampa ci racconta quotidianamente delle manovre di divorzio che la First Lady avrebbe avviato per mollare il consorte. Melania avrebbe resistito stoicamente fino ad ora restando al fianco del Presidente, ma adesso che la nave affonda vuol riprendersi la sua vita. Per la popolarità di Trump, per coloro che in questi tempi sono scesi in piazza mostrandogli incondizionato appoggio, per un suo eventuale tentativo di rimanere un personaggio di peso nel quadro politico questo sarebbe probabilmente un colpo mortale. Ben più pesante del crollo delle sue residue speranze che i risultati elettorali vengano “overturned” dalle Corti di Giustizia. Per una volta sarebbe lui, l’uomo che ha licenziato dal primo all’ultimo dei collaboratori che si era scelto, ad essere cacciato.

Il cuore… Chissà cosa direbbe Lorenzo a Melania.

God Bless America!