MINNEAPOLIS – Avete mai sentito parlare di Juneteenth? Non credo sia molto popolare al di fuori degli Stati Uniti. Juneteenth è una festività nazionale (quindi federale, valida in tutti gli Stati) tutta americana: si ricorda il giorno che Gordon Granger, generale dell’esercito dell’Unione, annunciò pubblicamente a tutti gli schiavi di Galverston, Texas, che per loro cominciava il cammino della libertà. Era il 19 giugno 1865, quasi tre anni dopo quel 22 settembre 1862 in cui il presidente Abraham Lincoln aveva firmato la Emancipation Proclamation, la proclamazione preliminare di emancipazione.
In essa il presidente Lincoln dichiarava che a partire dal 1° gennaio 1863 tutti gli schiavi negli Stati attualmente impegnati nella ribellione contro l’Unione (in altre parole, i sudisti) “saranno allora, da quel momento in poi e per sempre liberi”. Cosa che in realtà non avvenne, perché tanto per cominciare il documento si applicava solo alle persone schiavizzate nella Confederazione (gli Stati del Sud), e non a quelle negli Stati di confine che erano rimasti fedeli all’Unione.
Solo una parte dunque degli oltre quattro milioni di schiavi presenti negli Stati Uniti nel 1862 (su una popolazione complessiva di neanche 31 milioni) si ritrovarono ad essere “beneficiari” della Proclamazione, che – cosi dicono gli storici – era stata concepita principalmente come misura militare. Tuttavia la Proclamazione segnò una svolta nella testa e nel cuore di Lincoln e di conseguenza nell’autocoscienza del Paese, ridefinendo il senso della sanguinosa guerra civile (600mila morti) e trasformandola da una lotta per preservare l’Unione in una incentrata sulla fine della schiavitù.
Così Juneteenth ed il generale Granger ci ricordano che le cose possono esistere ma restare a noi ignote, quasi non esistessero – come nel caso della libertà degli schiavi di Galverston. Festeggiamenti, parate, concerti in tutto il Paese, ma anche conferenze, dibattiti, saggi ed articoli su ogni genere di media per ricordare. Il tutto con la promessa di “continuare la lotta per l’equità e la giustizia”. Una lotta che nel tempo ha avuto tanti protagonisti ed assunto tante forme, pacifiche e violente, dal Civil Right Movement di Martin Luther King al Ku Klux Klan, dalle Black Panthers ad Angela Davis, alla morte di George Floyd e tanti altri, senza mai veramente risolversi.
Juneteenth cade il giorno dopo Father’s Day che negli States è celebrato il 18 giugno, non il giorno di San Giuseppe. Ma ci vorrebbe proprio la paternità di Giuseppe per illuminare qualsiasi lotta per equità e giustizia.
God Bless America!
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