Good morning America! Dei 331 milioni e mezzo che siamo, ancora una buona parte almeno questa espressione dovrebbe essere in grado di capirla. Dico così per la storia che ci raccontano i dati del Census 2020, il censimento della popolazione americana. Più assortita che mai.

Ogni 10 anni il censimento ci regala una fotografia, o quantomeno un tentativo di fotografia dell’umanità che popola questo paese. Avendo visto  (e compilato) i questionari arrivati a casa, avendo sperimentato “first hand” le visite degli operatori, avendo attraversato mezzo paese in macchina per cambiare io stesso residenza nel pieno della pandemia (e del censimento), rendendomi conto del campionario assortito che siamo e dell’instancabile mobilità che ci caratterizza, sono convinto che tutta l’elaborazione dei dati venga fuori con una notevole approssimazione. Ma dove punti l’ago della bussola e dove tiri il vento del cambiamento lo si può capire.



Allora possiamo dire che quel “good morning” si rivolge ad un’America sempre più multirazziale, sempre più popolata da immigrati che la lingua la masticano poco o per niente e – ahimè – più anziana. Colore ed età. In dieci anni (2010-2020) la popolazione di colore (e di colori ne abbiamo un’enorme varietà) è passata dal 34 al 43% e la popolazione adulta da 237 a 261 milioni, pari al 78%. Il saldo delle nascite è ancora in attivo (+7%), ma anno dopo anno si rimpicciolisce e questo non è mai un bel segno. Il desiderio di costruire e quello di prolificare viaggiano sempre a braccetto. Di fatto la popolazione cresce solo nelle aree metropolitane, mentre oltre la metà delle contee statunitensi (un po’ l’equivalente delle nostre province) hanno visto il numero di abitanti ridursi.



Sarebbe cosa buona e giusta che tutti riflettessimo un poco su questi cambiamenti, per capire cosa sia chiesto a noi. Non possiamo delegare la questione ai politici che sembrano solo avere la preoccupazione di trovare la strategia vincente per conquistare un nuovo elettorato.

God bless America!

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