MINNEAPOLIS – Non sarebbe un Paese per vecchi, ma un pochino alla volta cominciamo a diventarlo. Non siamo ancora ai livelli europei dove l’età media è di 44 anni, però il 38,9 che salta fuori dall’ultimo censimento nazionale (che copre fino al luglio dell’anno scorso) fa un certo effetto. Soprattutto se si pensa che ci siamo arrivati passando dai 30 anni del 1980 ai 35 del 2000. Non ci vuole molto a capire come salga l’età media: basta vivere più a lungo e soprattutto non fare più figli. E gli americani figli ne hanno sempre fatti, a prescindere da normative di tutela della maternità o programmi di assistenza familiare (praticamente inesistenti) o credo religioso.



Fare figli è sempre stato uno step fondamentale e imprescindibile nel cammino dell’esistenza umana e della realizzazione di un ponte tra presente e futuro. Ovunque, ma soprattutto nella pancia del Paese dove occorrevano più braccia possibile per coltivare, per allevare, per costruire, e una dinastia per proseguire nell’opera. Una dinastia che era anche fonte d’orgoglio. Nel tempo sono cambiate le condizioni, ma questo “attaccamento alla vita” è rimasto per lungo tempo come una colonna portante del modo di concepirsi e della struttura familiare sostenuta anche da un forte sentimento religioso. Se penso ai 6-7 figli a famiglia di tanti nostri amici qui in Minnesota. Adesso ci si sposa di meno, ci si sposa più tardi e l’attaccamento alla vita ha cambiato volto e destinazione.



Poi c’è l’immigrazione. Storicamente l’immigrazione ha sempre contribuito in maniera significativa a mantenere un Paese giovane sia per l’età stessa degli immigrati che per l’elevato tasso di natalità delle popolazioni migranti. E l’America per sua natura è sempre stata terra di immigrati. Ma dal 2016 i flussi migratori sono andati rallentando fino a quasi azzerarsi durante la pandemia. Non è un caso che i due Stati che registrano l’età media più bassa siano Utah (31,9) e Texas (35,5).

Lo Utah con le sue radici mormone che invogliano e incoraggiano ragazzi e ragazze a sposarsi giovanissimi, e il Texas dove migliaia di centro e sudamericani continuano a entrare negli Stati Uniti. Non è un caso anche che tra il 2021 ed il 2022 la presenza “bianca” (che costituisce più o meno il 58% della popolazione complessiva) sia aumentata solo dello 0,1%, con quella “nera” a più 0,9% (i neri sono il 13% della popolazione), quella “ispanico-latina” a più 1,7% (questi sono il 20%), gli asiatici a più 2,4% (gli asiatici sono il 6% degli americani).



Questi sono i numeri, i dati che gli esperti raccolgono, analizzano e interpretano. Poi ci siamo noi. Anzi, “prima” ci siamo noi, in America, in Italia o in qualsiasi angolo del mondo. Cosa possiamo fare? Essere grati perché la vita è una cosa meravigliosa. Sempre.

God Bless America!

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