MINNEAPOLIS – Lo sappiamo tutti come funziona, però se ci prestiamo attenzione fa un certo effetto. Esiste solo quello di cui parlano giornali e televisione. Ciò di cui non si parla, o si smette di parlare, scompare in poco tempo dai nostri pensieri. Come una notizia scivola dalla prima pagina alle successive e poi nel nulla, cosi avviene della nostra consapevolezza di un certo fatto. Dopo mesi di overdose di news, statistiche, proiezioni ed informative medico-scientifiche (o sedicenti tali), qui negli Stati Uniti il coronavirus si è preso una seria vacanza di un paio di settimane per lasciare il passo alle proteste originate dall’uccisione di George Floyd.



Le proteste hanno toccato e segnato pesantemente tutti gli angoli del paese, lacerando ancora di più un tessuto sociale già brutalmente strapazzato da anni di ostilità fratricida, perseguita e praticata come ricerca di ciò che divide più che di ciò che accomuna.

Ma non appena i moti di piazza sembravano essersi calmati o quantomeno fattisi meno violenti, neanche il tempo di chiedersi che vento di cambiamento tutti questi avvenimenti avrebbero potuto portarci, ed ecco il virus alla riconquista delle prime pagine e dei titoli di testa.



Perché il virus – che se ne parlasse o meno – non se n’è mai andato. “Covid is reduced to ashes”, il virus è ridotto in cenere, ci dice il Presidente. Ma non è vero. Qualunque cosa succeda Trump riesce sempre a ricavarsi il suo spazio nelle news, di solito dicendo cose non vere, che parli delle proteste o del virus. Fa imbestialire gli scienziati per il suo atteggiamento nei confronti del virus, fa imbestialire i militari per la sua smania di repressione verso i moti di protesta.

Nei giorni scorsi, col il paese almeno apparentemente più calmo e fuori da quello stato di emergenza che lo aveva attanagliato (a parte quella furia iconoclasta che periodicamente salta fuori come se fossimo in un libro di Orwell), Trump aveva ripreso la sua campagna di disintegrazione mediatica del virus nella speranza di ridar fiato all’economia. Sì, perché qui da JC Penny a Starbucks al fruttivendolo all’angolo non si fa altro che chiudere bottega.



Ma la verità è che proprio in questi giorni venti dei nostri Stati stanno registrando un picco di crescita nei contagi mai visto prima ed in un’altra ventina i casi di infezione restano stabili. Non sono certamente i numeri di un mese fa di New York, la città più “concentrata” d’America, ma sono numeri e soprattutto andamenti che preoccupano.

Però bisogna “riaprire” perché bisogna campare. Questo è un paese grande (9.859.476 km quadrati, il terzo più grande del mondo) e di fatto scarsamente popolato (circa 320 milioni di esseri umani con una densità di 34 abitanti per km quadrato; tanto per capirci l’Italia ne ha 192) ed anche un virus malvagio come il Covid ha bisogno del suo tempo per coprire i grandi spazi nel cuore della nazione, dove come abbiamo avuto già occasione di sottolineare il social distancing non è una norma comportamentale da imporre, ma una condizione normale della vita quotidiana.

Non sono i numeri di New York… ma New York esiste davvero? I suoi morti esistono davvero? Il virus esiste davvero? Se non fossi stato a New York fino a due settimane fa e se non fossi in Minnesota ora queste domande mi sembrerebbero completamente prive di senso. Ovviamente. E invece purtroppo senso ce l’hanno perché in tutti questi Stati, che a voi magari suonano semplicemente come tappe delle avventure di Tex Willer, dal Nebraska all’Oklahoma, dal Dakota all’Arizona, bisogna che a tenere a bada il virus ci pensi il buon Dio perché la gente ci bada proprio poco. Quasi come se nulla sia mai successo.

E lasciamo perdere quelli che pensano che sia tutta una cospirazione architettata per mettere Trump e la sua Amministrazione alle corde con le elezioni presidenziali dietro l’angolo. Noi continuiamo a portarci dietro le nostre mascherine e le indossiamo pure, e così i guanti di latex, ma ti senti come un marziano, circondato come sei da quelli che ti guardano come se la vittima delle fake news fossi tu.

Ma il virus in prima pagina è durato poco. L’uccisione del giovane Rayshard Brooks ad Atlanta ha squassato quell’apparente quiete che per quanto confusa ed inerte sembrava essersi ripresa le strade.

Sono tempi misteriosi e dolorosi. Cerchiamo di viverli con gli occhi ed il cuore aperti. E anche con le mascherine addosso, checché ne dicano Trump ed un tot di Governatori.

God Bless America!

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