MINNEAPOLIS – In America festa più grande non c’è. Ognuno in questo angolo di mondo (un angolo grandino in verità) ha un Dio da ringraziare per il dono della vita ed i frutti di questa terra e dal 1864 l’ultimo giovedì del mese di novembre questa gratitudine ha la sua celebrazione. All’incirca 55 milioni di americani (su 330 milioni che siamo, give or take) si sono messi in viaggio per ricongiungersi ai loro familiari e trascorrere insieme questo long weekend, perché Thanksgiving in America è un po’ come Natale in Italia: magari non si sa più perché, ma è bello ritrovarsi tutti assieme.
Abbiamo parlato più volte dell’origine di questa festa, di Lincoln, della Signora Hale che oltre a scrivere (così pare) la celebre nursery rhyme (filastrocca) “Mary Had a Little Lamb” convinse il Presidente a ufficializzare questa ricorrenza con una Proclamation.
Ma nell’immaginario collettivo cos’è che Thanksgiving porta alla mente prima ancora di Lincoln, della Hale e dello stesso padre eterno? Il tacchino!
Il tacchino, ovvero l’involontario protagonista dell’ultimo giovedì di novembre. Quarantasei milioni di tacchini immolati sulle tavole di tutta America, arrostito o fritto, ripieno e spalmato di cranberry sauce, col gravy o senza … ma tacchino per tutti! Nonostante l’influenza aviaria ne abbia ridotta la disponibilità e fatto alzare il prezzo alla libbra. Parlasi ovviamente di tacchini d’allevamento. I primi coloni, quelli che arrivarono con la Mayflower e navi successive, il tacchino, una volta fatto loro conoscere dagli indigeni, se lo ritrovarono tra boschi e radure, selvatico. Pronto da cacciare e cucinare. Ce n’erano così tanti che Benjamin Franklin propose anche – senza successo – di eleggere il tacchino ad “uccello nazionale”. Uccello nazionale no, ma uccello da cacciare, sì. Siccome gli americani se non esagerano non sono contenti, la caccia al tacchino portò the bird ad un passo dall’estinzione, finche nel 1972 la National Wild Turkey Federation – praticamente la “Federtacchino” – riuscì nell’intento di porre limiti allo sterminio.
Adesso di wild turkeys – non il bourbon, la bestia – ne abbiamo tra i 6 ed i 7 milioni presenti in 49 Stati. Unica casella “non pervenuta”, l’Alaska, dove pare non si siano mai visti. Li vedevo persino a New York, attraversare la strada a Staten Island, il borough suburbano di New York City. A Manhattan invece le strade le vedevi attraversare solo dalla gente o dalle pantegane.
Qui in Minnesota il tacchino selvatico è ben presente, con una popolazione stimata sull’ordine dei 200mila esemplari. Presenti, visibili, ma elusivi soprattutto in questi tempi di stagione di caccia e di Thanksgiving. Sarebbero anche bravi a camuffarsi, ma con i campi bianchi di neve meglio stare più schisci del solito.
Tra tanti tacchini che finiscono nel forno ce n’è uno che si salva. Atto simbolico che documenta come in fondo si nutra qualche senso di colpa anche verso questo uccello, l’unico a non aver ragione di festeggiare in questo giorno speciale. Così abbiamo il Presidente e la cerimonia del “Turkey pardon”, un’altra tradizione dalle origini incerte divenuta momento fisso dai tempi di George H.W. Bush (senior) e mantenuta dai successivi Presidenti. Non un granché di cerimonia: la “Federtacchino” presenta un tacchinone bianco di una certa varietà (allevato) che viene piazzato su un tavolino davanti alla Casa Bianca. Due parole del Presidente che lo grazia (pardon significa grazia) ed invio in esilio dell’uccello. Quello di quest’anno trascorrerà il resto della sua vita tra i prati del Campus dell’Iowa State University.
Purtroppo mentre scrivo dei tacchini l’America si ritrova ancora una volta a fare i conti con la morte. Notizie di altri mass shootings. Oltre 600 dall’inizio dell’anno, oltre 40mila uccisioni da arma da fuoco.
La verità è che chi ha bisogno di essere graziato siamo noi che ci dibattiamo tra violenza e bisogno di pace, inimicizia e desiderio di fratellanza, mancanza di significato in quel che si vive e fame di infinito.
Che Thanksgiving possa ricordarci che tutto è dono. E ripartire da quel briciolo di consapevolezza.
Happy Thanksgiving!
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