Siamo all’alba di una nuova drammatica crisi e ancora non abbiamo chiuso i conti con quella precedente. Potrebbe essere racchiuso in questa frase il motivo del successo di Diavoli, la serie tv prodotta da Sky Italia e Lux Vide che giunge stasera al finale di stagione.

Non credo che chi ha pensato a una serie tv sulla crisi finanziaria del 2008-2011 avesse previsto la pandemia e immaginato di mandarla in onda in pieno lockdown, mentre mezza Europa litiga con l’altra metà e il Pil cola a picco alla velocità della luce. Eppure tutto non sembra una semplice coincidenza. Per due motivi fondamentali: il primo, perché è sempre utile ricordare che la politica ha a disposizione strumenti assai limitati rispetto a quelli che sono nelle mani dei potenti che manovrano la finanza; il secondo, che nelle crisi i valori e le cose che davvero contano nella vita, alla fine, prendono il sopravvento.



Diavoli è la ricostruzione – potremmo dire una delle ricostruzioni – degli eventi del 2011. Ricordiamo tutti che da quella crisi l’Europa – intesa come il complesso di tutte le sue istituzioni, dalla Bce alla Commissione, passando per le decine di autorità competenti, comprese le società di rating e il fatidico spread – ha preteso da ogni Paese durissime politiche di contenimento della spesa pubblica e la riduzione del debito sovrano. La cosiddetta “politica di austerità”.



Il lavoro dei “diavoli”, come spiega il romanzo autobiografico di Guido Maria Brera da cui è tratta la serie tv, è quello di collocare il debito pubblico dei singoli Paesi. Si chiamano hedge fund, muovono grandi capitali e il loro comportamento sfugge a noi comuni mortali, ma sono essi che determinano il nostro destino o più precisamente il nostro livello di vita.

Sono senza scrupoli, cinici, non hanno rispetto della vita degli altri. Una loro azione di disturbo – si dice shortare, come abbiamo appreso seguendo la serie – provoca crisi, perdite di posti di lavoro, fallimenti, suicidi. E guadagni stratosferici per le loro banche e per se stessi. Massimo Ruggiero è il tipico ragazzo di belle speranze partito da un paesello della costiera amalfitana e sbarcato nella City per fare carriera. È sufficientemente scaltro e intelligente per mettersi in mostra e per scalare velocemente le posizioni nella sua banca. Ogni crisi in giro per il mondo è una buona occasione per fare soldi, ma l’ingordigia  spinge a crearne di nuove, si mettono in ginocchio gli Stati, si ricattano le classi dirigenti. Fu così per l’Argentina (dal 2001 quel Paese ha totalizzato, fino a oggi, ben 9 default), poi toccò alla Grecia, quindi all’Italia di Berlusconi.

Stasera probabilmente conosceremo una nuova versione dei fatti del 2011 e quale ruolo hanno avuto i “diavoli” nell’obbligare Berlusconi ad abdicare senza combattere e nell’imporre al Parlamento italiano Mario Monti con i “pieni poteri”. La storia si sa come andò: appena ottenute le garanzie politiche, neanche tanto velatamente richieste (ricordiamo i sorrisetti scambiati pubblicamente tra Merkel e Sarkozy), l’Europa offrì al nostro Paese la salvezza, senza imporre particolari condizioni di penalità.

Alessandro Borghi (Suburra, Il primo Re, Sulla mia pelle) veste alla perfezione i panni di Massimo. Come sempre sono troppo lunghi i suoi sguardi perduti nel vuoto, ma rimane in assoluto uno dei migliore interpreti italiani in circolazione. Credibile il ruolo di Sofia Flores, la militante hacker, interpretata da Laila Costa. Molto meno riusciti invece gli altri personaggi femminili, alle prese con storie ripetitive e marginali. Patrick Dempsey è Dominic Morgan, il capo della banca, praticamente nel ruolo di Lucifero, mentre Lars Mikkelsen (lo ricordiamo nei panni di Petrov in House of Cards) è Assange, il capo della banda di pirati informatici che cercano di svelare la trama dei misfatti operati dai banchieri.

Nelle “permanenze” campane rivediamo in Diavoli diversi protagonisti della saga di Gomorra, dimostrazione che Sky Italia – ormai uno dei produttori più importanti nel nostro Paese – ha messo su una vera e propria scuola, che dà lavoro a decine di professionisti. Così come bisogna dare atto alla pay-tv di aver creato serie italiane in grado di competere in un mercato globale molto agguerrito.

Stasera guarderemo gli ultimi due episodi della prima stagione conoscendo già il finale della storia, almeno quello reale. Quindi non ci aspettiamo particolari colpi di scena, se non il ravvedimento di Massimo e un suo rapido cambiamento di fronte, con il giovane broker disposto a mettere tutta la sua abilità al servizio dei più deboli. Poi resteremo in attesa della seconda stagione, già annunciata. Si parlerà di Brexit e molto probabilmente di crisi post-pandemia. Possiamo dire che è nata in Italia una nuova serie di successo.