MINNEAPOLIS – Non potrò vederlo in diretta perché sarò in viaggio. Peccato! I dibattiti presidenziali mi hanno sempre affascinato. Sì, qualche volta pure annoiato, ma lo stato dell’arte, la condizione psico-fisica-politica dei candidati la si coglie al meglio solo nello scenario del Presidential debate, un duello fatto di parole e body language dove li vedi uno di fronte all’altro a scambiarsi colpi e colpe. I candidati sono lì per presentare il loro programma, ma soprattutto sono lì per presentare sé stessi: cercare di rendersi credibili ed appetibili a quel 10% di elettori che ancora si dichiarano incerti. I sondaggi di questi tempi sulle elezioni Usa 2024 danno Donald Trump con un punto percentuale di vantaggio rispetto a Joe Biden. Un punto percentuale cos’è? Quasi un niente, un’inezia. Cioè praticamente siamo al “pareggio”. Cosa può spostare l’ago della bilancia?



Ecco, questo è il tipo di situazione in cui il dibattito può fare la differenza, può dare uno scossone all’immagine del candidato, una spinta a coloro che ne finanziano la campagna elettorale, può far partire la scintilla che infiamma l’uno e brucia l’altro. Un dibattito presidenziale non è uno scherzo. La gente si aspetta che scorra del sangue, si aspetta un colpo da KO, qualcosa che dissipi le nebbie sul chi votare.



Non so quanta gente seguisse la soporifera Tribuna politica italiana degli anni 60 e 70. Solo i “cattivi” Pajetta ed Almirante davano un pò di brio alla cosa con i loro litigi. Qua il Presidential debate va seguito. Almeno un po’, ma va seguito. Tenete conto che nel 2020 furono oltre 73 milioni i telespettatori americani incollati alla tv per la prima battaglia tra Biden e Trump.

La storia dei dibattiti presidenziali è vecchia di decenni, ma la grande svolta la diede la televisione offrendo in pasto al Paese la sfida tra John F. Kennedy, giovane e vibrante senatore del Massachusetts, e Richard Nixon, allora vicepresidente di Spiro Agnew. La leggenda mediatica – che poi leggenda non è – racconta del trionfo televisivo dell’allora quarantatreenne Kennedy, imbellettato ed obiettivamente giovane, su di un Nixon dall’apparenza vecchia e stanca. Una vittoria televisiva che poi si trasformò in vittoria elettorale.



Con la televisione non è solo questione di dire le cose giuste e dirle bene. Con la televisione bisogna saperci stare davanti a quella benedetta telecamera che se ne sta appollaiata davanti a te come un falco pronto a saltarti addosso quando esiti, incespichi, ti ingarbugli con la lingua e con lo sguardo. C’è chi è più bravo e chi meno. Per questa ragione ad esempio Jimmy Carter nel 1980 avrebbe fatto i salti mortali pur di evitare il confronto con Ronald Reagan. Carter perse in tv e pure ai seggi.

Ecco, 70 milioni di americani (e forse più) seguiranno la battaglia di stanotte per leggere nelle parole, opere ed omissioni di Biden e Trump che razza di Presidente ci aspetta.

Io non potrò vederlo in diretta, ma faremo in tempo a parlarne. Intanto, now more than ever…

God Bless America!

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