Prima di ogni discorso o congettura, in Germania esistono tedeschi che non vedono di buon occhio l’atteggiamento della Merkel in questa crisi, tra numeri sull’epidemia dubbi, azioni tardive ed interventi a macchia di leopardo (i famosi soldi a fondo perduto, non elargiti in tutta la Germania) che non hanno convinto il popolo, negli ultimi anni abituato sicuramente meglio.
Ma mentre in Usa si registrano 16 milioni di disoccupati causa crisi da Covid-19, nell’Ue si discute ancora (siamo al giorno numero 14, ben oltre i 10 dell’“ultimatum” di Conte) quanto elargire, da una parte l’Europa latina, dall’altra quella nordica. Nocchiero fantoccio i Paesi Bassi, uno stato legato a Berlino a tripla mandata, una sorta di Svizzera targata Ue, dove la bassa tassazione permette registrazioni di multinazionali. Oltre alla nostra Fca, le società tedesche non si contano.
Tuonano i Paesi Bassi: no eurobond, no soldi a fondo perduto, no alle pretese italiane. Ma la voce grossa pare quella del ventriloquo tedesco. La Germania, dal 2011 in poi, in Europa ha sempre agito con una strategia precisa: imporre regole di mercato neoliberista con poco Stato, parametri ferrei sul rapporto debito/Pil, additare i paesi del sud Europa come causa di instabilità e sperpero.
A ciò va aggiunto l’approccio sull’immigrazione, dalla crisi siriana al Mediterraneo. Tutti teorie e metodi che Berlino non applica sul proprio territorio. Aiuti di Stato a banche, partecipazioni statali in aziende private (come nel settore auto, e Marchionne lo sperimentò sulla propria pelle), KfW che presta in media 500 miliardi annui alle Pmi tedesche, fuori debito, in palese violazione con le norme europee, dato che l’Istituto è pubblico, al 70% del governo, al 30% dei Länder.
Le privatizzazioni toccate al nostro paese in Germania non sono mai avvenute, e nemmeno in Francia. Eppure i rimproveri verso il nostro paese sono stati molteplici, nonostante, dopo 1992, anche il nostro paese avesse lavorato per estinguere i debiti di guerra tedeschi, il tutto per favorire la nascita di una vera Europa dei popoli. Invece nulla accadde, anzi la Bce si trasformò in una Bundesbank e la stessa Germania, dal 2011, utilizzò il mancato pareggio di bilancio (i suoi Länder non ne sono soggetti, le nostre Regioni sì) per imboccare la strada di Industria 4.0.
l’Italia, con un debito lievitato causa austerità, incastrata da una valuta forte e non adatta al suo export, soggetta a regole particolari e non sempre favorevoli è riuscita comunque a mantenersi seconda manifattura d’Europa, sesta al mondo, terza industria europea, prima per qualità nel settore spaziale e prima in quello nautico pesante e leggero grazie al colosso Fincantieri e nonostante lo smacco STX ad opera di Macron, che insieme alla Germania vende moltissimo in Cina tiene dietro l’Italia.
Il Belpaese ha inoltre forte competizione nel settore auto, oltre a turismo e cultura, agroalimentare e tecnologia green. Un osso duro, anche se in ginocchio a causa delle politiche d’austerità targate 2012, che paradossalmente hanno generato debito da interessi e non da investimenti, un concetto semplice ma agli italiani spiegato male, quasi il debito pubblico fosse un debito a tutti gli effetti.
Dunque quando Die Welt ci attacca usando la parola “mafia”, a livello psicologico si muove molto abilmente: sa che molti in Italia abboccheranno, perché la nostra esterofilia è conosciuta.
Eppure, forse la strategia in questo momento fa acqua. Nelle medesime ore, la Sea Watch (Ong tedesca) ribadisce d’esser contraria alle disposizioni italiane in tema di chiusura dei porti e lancia una sfida molto mediatica. Un guanto di sfida che ci portiamo dietro dal caso Carola Rackete, affaire mediatico che di fatto portò il nostro governo in crisi, ad un rimpasto più in linea con l’Europa (o con la Germania?).
Oggi però Conte si ritrova in piena bagarre con la Merkel che afferma “No eurobond, ci sono altre soluzioni”, ovvero quel Meccanismo europeo di stabilità (Mes) così controverso che porterebbe il nostro paese ad essere costretto a tagli ed austerità. Il tutto in pieno stile “debito”, il vero mantra, il bazooka utilizzato a livello mediatico per incolpare “le cicale del sud”.
In realtà la flessibilità sul debito, alla giapponese, è funzionale a certi tipi di economie, proprio come quella italiana, che lavora sul export, turismo, prodotti di qualità. Non calza a paesi come la Germania, che puntano moltissimo sull’import e sul mercato interno. Sono economie diverse, che non possono coesistere in un sistema con regole fisse, ma piuttosto in un modello dinamico. Una Ue più flessibile, con una Bce su modello Fed e unioni doganali, oltre a consorzi creati per partecipare alle commesse internazionali. Invece, in queste ore, si parla solo di finanza e direttorio franco–tedesco.
La Germania, per questioni d’immagine, non si espone mai in prima persona: un giorno è Carola, l’altro i Paesi Bassi. Tutto questo, tra un bombardamento mediatico e l’altro (Die Welt non è un tabloid) insinua nella mente degli europei lo stereotipo massimo: gli italiani sono sempre alla ricerca di soldi. Una realtà distorta, visto che debito privato (quello pericoloso, che genera crisi) e risparmio privato sono tra i più bassi al mondo. Gli italiani cercano di compare casa, risparmiano e puntano al posto fisso. L’esatto contrario del modello proposto dai neoliberisti di Bruxelles. Oltre a ciò si aggiungono le riserve auree, quarte al mondo.
Insomma non siamo la Grecia, anzi siamo un competitor pericoloso, per certi versi anche più della Francia. Mentre però la stampa mainstream europea fa apparire l’Italia come il problema, tace sul fatto che l’Est europeo, utilizzato come luogo di delocalizzazione produttiva e nulla più, è a rischio default, che l’Est europeo è usato come spazio di delocalizzazione, che la Merkel ha solo saputo imporre un accordo con la Turchia per garantirsi la chiusura dei confini orientali (a lei vicini e strategici) lasciando l’Italia in balia delle onde del Mediterraneo
Tra statistiche barocche e giochi mediatici l’ Italia è ancora in piedi, ma deve reagire all’operazione mediatica orchestrata da Berlino, pretendendo una nuova Europa. Il cigno nero vola sulla Ue, siamo ai supplementari di Italia–Germania e dobbiamo assolutamente segnare il golden gol.