Il famosissimo Diego Abatantuono è pronto a tornare al cinema con la sua ultimissima fatica – il film “L’ultima settimana di settembre” diretto dal neofita cineasta Gianna De Blasi – che lo vede interpretare il ruolo di uno scorbutico e scontroso scrittore che sul punto di farla finita si trova a vivere un inaspettato viaggio con il giovane nipote Mattia: proprio da qui – per poi arrivare anche alla sua carriera, ai ripianti e alla lunga fila di successi di una carriera che dura ormai da quasi 50 anni – è partito l’attore in una recente intervista rilasciata per il quotidiano Il Tempo.



Un film – spiega Diego Abatantuono – in cui a fare da padrone sono “sentimenti, emozioni e decisioni forti“, con un ampio ed importante zampino da parte del “destino”, mentre sul suo personaggio anticipa solamente che da una sceneggiature che lo dipingeva inizialmente con “un cinismo cattivo e aggressivo”, ha spinto per inserire “un minimo di ironia che mi appartiene” riuscendo in accordo con il regista a “limare alcune parti”; ma non fatica comunque a dire che si tratta di una figura “che mi corrisponde caratterialmente solo nei momenti di sconforto“.



Diego Abatantuono: “Un rimpianto? Aver girato troppi film all’inizio della mia carriera”

La vita di Diego Abatantuono – d’altronde – a differenza di quella del suo personaggio è stata “fatta di piaceri e divertimento”, al punto che ama definirsi “una delle persone più fortunate del mondo” dato che “la natura e il destino mi hanno dato tutto ciò che volevo”; così come confessa che l’unico rimpianto che gli è rimasto superati i 69 anni – festeggiati pochissimi mesi fa – di vita è proprio “diventare vecchio quando [sono] stato così bene prima”.



D’altro canto, Diego Abatantuono racconta che sarebbe disposto a dare tutto “per tornare indietro” all’adolescenza e all’infanzia per riprovate tutta quella “fortuna e felicità” che la vita gli ha garantito, ma certamente vivendola come fece ai tempi e non come i giovani di oggi che – dal conto suo – “stanno sempre con la faccia sui cellulari“; e soffermandosi sul più volte citato destino ci tiene a mettere in chiaro che è proprio grazie a lui se oggi “faccio [questo] mestiere“.

L’origine della carriera di Diego Abatantuono – racconta ancora al Tempo – è da ascriversi proprio al “locale di mio zio”, il famosissimo Derby Club che gli ha permesso di “frequentare questo ambiente” ed entrare in contatto con mostri sacri come “Enzo Jannacci, Cochi e Renato [e] Paolo Villaggio”, portandolo a vivere alcune brevi esperienze “dietro le quinte” ed – infine – “sul palcoscenico” che era solito guardare dall’esterno; e se proprio dovesse rimproverarsi un errore, punterebbe tutto sul fatto che “dopo i primi film di successo, in due anni ho girato quindici pellicole” su spinta delle insistenze del suo agente.