La Volkswagen dovrà risarcire i propri clienti. E’ questo quanto stabilito dalla Corte federale di Cassazione tedesca, in merito al processo riguardante lo scandalo del “dieselgate”. In base a quanto sostiene la stessa azienda con sede a Wolfsburg, sarebbero circa 60mila i casi legati allo scandalo che partì nel 2014, dopo che un anziano pensionato denunciò appunto come la sua Vw Sharan con motore diesel EA 189, montasse un software che “oscurasse” il reale inquinamento dello stesso mezzo. L’anno dopo, nel 2015, la casa automobilistica tedesca ammise di aver installato su ben 11 milioni di autovetture il programma illecito, e successivamente, il pensionato decise di restituire la sua auto in cambio del prezzo d’acquisto. A giugno del 2019 il tribunale di Coblenza concesse 26mila euro al proprietario del mezzo per “danneggiamento intenzionale”, una somma calcolata tenendo conto del deprezzamento della vettura dopo cinque anni dall’acquisto. Le due parti in gioco, dopo la condanna, avevano però deciso di presentare ricorso in cassazione, fino alla sentenza giunta quest’oggi e che ovviamente farà da apripista a possibili “ricorsi” sparsi per la Germania e non solo.



DIESELGATE, “NEI TRIBUNALI PER I PROSSIMI 5 ANNI”

Come detto sopra, la Volkswagen ha parlato già di circa 60mila cause in corso, con l’aggiunta di altre decine di migliaia di automobilisti che avrebbero già chiuso il proprio contenzioso. L’avvocato Goldenstein ha spiegato che la sentenza di oggi “E’ il vero inizio del dieselgate. Dopo questa sentenza ci sarà una moltiplicazioni di cause, perchè molti acquirenti sapranno che possono presentare denuncia senza correre rischi”. Un altro avvocato, Christian Brade, è invece convinto che “Il dieselgate occuperà i tribunali almeno per altri cinque anni”. Tre giorni fa due top manager di Vw, leggasi Herbert Diess e Hans Dieter Poetsch, sono stati condannati per “manipolazione del mercato” e costretti a pagare una pena di 4.5 milioni di euro ciascuno.

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