Già dalle stime preliminari dell’Istat di due mesi fa era emerso come il Pil reale dell’Italia fosse rimasto fermo nel terzo trimestre, contrariamente a quanto avvenuto nell’estate dello scorso anno. La disponibilità dei dati disaggregati relativi alle differenti componenti della domanda e dell’offerta nelle stime finali ci permette ora un esame dettagliato di come sta andando l’economia italiana e di quali sono i suoi problemi correnti.
Come abbiamo già fatto altre volte consideriamo a ritroso un periodo pluriennale che parte dal quarto trimestre del 2019, l’ultimo “normale” prima dell’esplosione dell’epidemia del Covid, così da osservare sia la ripresa dell’attività economica dopo la caduta, sia quello che è avvenuto nei periodi più recenti. Partiamo dunque da un grafico con l’andamento del Pil reale nel suo complesso e quello delle due componenti dei consumi finali nazionali, quelli privati delle famiglie e delle istituzioni private non profit, e quelli collettivi della Pa.
Grafico 1 – Pil reale e consumi finali nazionali (indici IV trim. 2019=100)
Nella scorsa estate l’indice del Pil reale dell’Italia posto uguale a 100 alla fine del 2019, destagionalizzato e corretto per gli effetti di calendario, si è attestato sul valore di 105,6, dunque il 5,6% in più rispetto a prima dell’inizio del Covid. È tuttavia lo stesso valore del secondo trimestre, e questo già lo sapevamo data la crescita nulla a livello congiunturale, e anche di poco più elevato del 105 pieno del terzo trimestre del 2022. In due anni in sostanza la crescita complessiva è stata solo dello 0,6%, di cui 0,1% tra l’estate 2022 e quella 2023 e 0,4% nell’anno intercorso tra l’estate 2023 e l’ultima. Troppo poco e decisamente meno della crescita media al netto degli effetti Covid dell’ultimo quinquennio che è stata dell’1,2% su base annua. Riguardo alle componenti del Pil dal lato della domanda aggregata sono per fortuna in ripresa i consumi delle famiglie negli ultimi due trimestri, pur restando nell’intero periodo considerato meno dinamici del Pil nel suo complesso, mentre la domanda di consumi collettivi da parte della Pa ha avuto una crescita in linea col Pil complessivo.
Grafico 2 – Investimenti fissi lordi (indici IV trim. 2019=100)
Per la componente di domanda degli investimenti dobbiamo transitare a un grafico con scala molto più estesa, dato che il relativo indice è stato pari a 131,9 nello scorso trimestre estivo, segnalando un livello record di investimenti complessivi superiore del 31,9% rispetto al pre-Covid. Ma questo valore deriva da dinamiche molto differenziate nelle diverse componenti:
– il record è stato raggiunto dalle abitazioni, con un +84% nello scorso trimestre rispetto al pre-Covid, per gli effetti dei molto discussi incentivi 110%; tuttavia un anno fa eravamo a +94%;
– i fabbricati non residenziali e le altre opere, che includono le opere pubbliche, risentono invece dei programmi d’investimento finanziati dal Pnrr e sono ora a un +40% rispetto al pre-Covid;
– gli investimenti in mezzi di trasporto da parte delle imprese (ricordiamo che i mezzi delle famiglie sono considerati consumi durevoli) sono invece a un +8% rispetto al pre-Covid, in diminuzione rispetto al +20% raggiunto nell’estate del 2023;
– arriviamo infine agli impianti e macchinari, che includono anche gli armamenti: essi sono solo a un +4,9% rispetto al pre-Covid, un valore inferiore al 5,6% relativo al Pil complessivo e in diminuzione, oltretutto, dal massimo del +14% raggiunto alla fine del 2022; da essi dipende tuttavia la crescita della capacità produttiva del Paese, a differenza degli investimenti in immobili.
Arriviamo infine alla componente estera della domanda, le esportazioni, al lordo e al netto delle importazioni.
Grafico 3 – Esportazioni e importazioni (indici IV trim. 2019=100)
Nel post-Covid sia l’export che l’import sono stati in termini reali più dinamici rispetto al Pil, tuttavia l’import lo è stato di più ed è risultato in crescita negli ultimi due trimestri, attestandosi infine a un +14% rispetto al pre-Covid, rispetto solo a un +8% dell’export, oltretutto in riduzione negli ultimi trimestri.
Alcuni indicatori dal lato della domanda, come l’export in riduzione e gli investimenti in impianti e macchinari in calo, segnalano possibili problemi dal lato della nostra industria manifatturiera, tuttavia il modo migliore per verificarli è proprio quello di esaminare direttamente i settori produttivi dal lato dell’offerta.
Grafico 4 – Valore aggiunto reale dei settori produttivi (indici IV trim. 2019=100)
Nel grafico sono evidenti:
– il grosso calo della produzione agricola negli ultimi quattro trimestri, nei quali essa passa da -2,6% rispetto al pre-Covid a -8,4%;
– il calo più contenuto dell’industria manifatturiera che tuttavia passa dal +1% rispetto al pre-Covid a -1% dello scorso trimestre;
– la buona performance nel tempo dei servizi, i quali tuttavia dopo essere saliti sino al massimo di +6,1% rispetto al pre-Covid nella primavera dello scorso anno risultano essersi fermati e sono ora al +5,9%.
Solo il settore delle costruzioni, non presente nel grafico per ragioni di scala, ha avuto un boom dopo il Covid. Trainato prima dal Superbonus 110% e in seguito dai progetti d’investimento del Pnrr il suo indice è ora al livello record di +44,5% rispetto al pre-Covid, a conferma degli effetti di politiche condotte a livello italiano ed europeo esclusivamente dal lato della domanda, senza alcuna apparente preoccupazione circa la tenuta, né il necessario miglioramento della capacità produttiva del sistema industriale.
Ma le politiche della domanda, come noto, non sono in grado di garantire una crescita permanente nel medio-lungo periodo.
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