Sembra incredibile, anche un po’ fuori dal tempo, il dibattito politico italiano di fronte alla complessità del nuovo assetto geopolitico e quindi anche economico mondiale, oltre che agli aspetti fondamentali politici, diplomatici e militari.

A Roma parte il G-20 tenuto da Mario Draghi, riunione che dovrebbe essere un onore per l’Italia e speriamo una “tappa” importante. Ma anche in questo caso arrivano purtroppo solo “quasi” tutti: mancano infatti due protagonisti, con i quali, volenti o nolenti, occorrerà fare i conti fin dalle prossime settimane. I due assenti, e chissà se appariranno da lontano, sono il presidente russo, Vladimir Putin, e soprattutto il leader cinese Xi Jinping, due tra i più importanti protagonisti del “grande gioco” che è in corso nel mondo e che riguarda tutti più di quanto si percepisce finora in Italia.



Facciamo alcuni paragoni. Il ruolo del presidente del Consiglio, Mario Draghi, è indispensabile. sia per l’Italia e probabilmente anche per l’Europa, soprattutto dopo l’uscita di Angela Merkel, la non grande sapienza politica di Ursula von der Leyen e il tramonto dell’Europa a trazione franco-tedesca.



Non a caso il nuovo asse franco-italiano si sta costituendo e rafforzando con il “Trattato del Quirinale”, che ha quasi un significato di sfida dopo lo sfaldamento dei rapporti franco-tedeschi, Ma come può risolvere il nuovo asse franco-italiano l’assetto mondiale che si è spostato nel Pacifico e che ha ripercussioni sui Paesi di un’Europa, che, tra l’altro, è sempre in subbuglio, per la carenza di una Costituzione e la scarsa coesione di tutti i paesi dell’Unione europea su tanti punti in discussione ?

Facciamo un altro paragone, che per un italiano che crede ancora all’Italia e spera nell’Europa, diventa un “magone”. Draghi decide il Pnrr e lo conduce con scrupolo, media (si fa per dire), in realtà decide e non guarda in faccia a nessuno, uscendo pure dal confronto con i sindacati quasi sbattendo la porta, con la Fiom che minaccia scioperi sulla riforma delle pensioni.



Con il passare dei giorni però, il tecnico mediatore, con grande fiuto politico, è apparso sempre più irritato e qualche volte persino nervoso. Strano perché in fondo, prima che si cominci a giocare sul serio la partita del Quirinale, Draghi non ha dovuto sopportare neppure la fatica di mediare tra partiti ormai inesistenti, un Parlamento ridotto a un “bar di provincia”, che parla a vanvera e fa il tifo per una parte o per l’altra. Insomma, il premier regge con decoro una democrazia che, è inutile ormai nasconderlo, sembra dimezzata e commissariata, per conto dell’Europa, dal grande banchiere che ha sostituito il presunto “fiuto politico” di Giuseppe Conte, il “grande leader” pentastellato, che ha preso nelle recenti amministrative in Italia meno voti che Carlo Calenda a Roma.

In definitiva, l’Italia appare come una democrazia senza partiti, oppure con forze politiche del tutto inconsistenti. Forse qualcuno lo ha capito vedendo l’astensione alle recenti elezioni amministrative, con meno di un italiano su sue che va alle urne in una repubblica parlamentare e non storicamente bipolare.

Così a destra si litiga sul futuro leader, come se avessero già vinto le prossime elezioni, e si candida per la battaglia del Quirinale, Silvio Berlusconi: 85 anni, l’uomo che in trent’anni è riuscito a dividere l’Italia come tutti gli altri protagonisti della cosiddetta tanto invocata e tanto voluta Seconda Repubblica.

A sinistra, gli orfanelli di Breznev e alcuni nipotini della sinistra Dc si sono dedicati alla svolta “green nominale”, tra querce e ulivi, con risultati desolanti, passando dalle privatizzazioni svendita, alla de-industrializzazione, alla mancata crescita ventennale, agli applausi alla globalizzazione realizzata in questo modo, sotto l’ombrello della finanza e del neoliberismo, neppure molto scossi dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla susseguente politica dell’austerity che ha decapitato la Grecia, moltiplicato le disuguaglianze e impoverito soprattutto la classe media, il fulcro su cui si basa una democrazia.

Tuttavia occorre andare a fondo e chiedersi: perché Draghi, pur decidendo su tutto e infischiandosene dei litigi periferici, appare più nervoso e preoccupato? Il premier cerca di rassicurare il Paese parlando di una crescita del Pil in un anno di oltre il 6% e di una successiva crescita di oltre il 4%, recuperando e forse aggiungendo qualche cosa di più al livello del Pil 2019.

Ma Draghi sa bene che anche il debito crescerà, così come l’inflazione. Ma soprattutto, perché ha più fiuto politico di tutti gli “abitanti sedicenti politici” della Seconda Repubblica, Mario Draghi vede il “grande gioco” che si svolge nel Pacifico, dove la Cina minaccia Taiwan e incassa risposte durissime dagli Stati Uniti, dove la grande potenza confucian-comunista, un’autentica “fabbrica del mondo” non vende più le merci che servono alla produzione industriale, fino alle merci più semplici. I porti cinesi sembrano chiusi, con colonne di navi in coda che aspettano invano di caricare i processori di computer, materiale di vario tipo per l’industrializzazione occidentale.

Di fatto questa chiusura delle esportazioni provoca una crisi delle filiere produttive e ci sono aziende, anche quelle italiane, che hanno ordini pronti, ma non sono in grado di produrre e devono chiudere.

Chissà se qualcuno, tra i tanti smemorati, si ricorda una frase detta in agosto dalla vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris: “E’ meglio che gli americani, per fare i regali di Natale, si mettano a comprare adesso”. A questa chiusura delle esportazioni, si aggiunge un’esplosione del costo dell’energia, un’impennata incredibile del prezzo delle materie prime e pure un rialzo dell’inflazione.

Ecco perché Draghi, riguardo all’Italia ma anche all’Europa, alla stessa Germania che mostra la “puzza sotto il naso” per il nucleare, diventa inevitabilmente più nervoso e preoccupato, ma con tutta probabilità rasenta il cosiddetto “imbufalimento”, anche se lo maschera bene, di fronte a questi drammatici problemi da affrontare, mentre l’attuale segretario del Pd, Enrico Letta, e l’ex segretario del Pd di qualche anno fa, Matteo Renzi, litigano in modo furibondo fino allo scontro parlamentare sul ddl Zan, che sarà certamente importante in materia di diritti civili, ma che forse necessitava di una mediazione, in modo da non essere cancellato per sei mesi, provocando polemiche infinite.

Insomma, Draghi comprende probabilmente che di queste forze politiche non si può fidare completamente. Si muove con gli uomini di cui si fida. Strano, ad esempio, che nessun cosiddetto “grande media” italiano abbia parlato della visita di una settimana del ministro Giancarlo Giorgetti negli Stati Uniti per informarsi sulle possibilità energetiche della nuova energia che arriva da impianti nucleari che appaiono sicuri.

Il grande timore di Draghi, e di gran parte del mondo delle persone attente e avvertite, è che è in corso una guerra commerciale mascherata nel Pacifico, che può anche sfociare in una vera e propria guerra tra il grande impero cinese e la più forte democrazia occidentale come gli Stati Uniti. Ma anche di questo in Italia non si parla sui grandi media e sulla tv.

In un simile contesto, quale ripresa economica si profilerebbe per l’Italia e per l’Europa? Forse, è probabile, anche quella di una marginalità militare, politica ed economica inquietante. E’ possibile che nessuno si chieda il perché, oltre alla grande astensione al voto, l’Italia sia segnata da contestazioni e manifestazioni in tutte le città quasi tutte le settimane?

Ci sono certamente i no vax, quelli contro il green pass, gli infiltrati, i fascisti, i parafascisti, gli ex brigatisti, gli aderenti ai centri sociali, i “cattivi maestri”, ma è possibile non cogliere un malessere più grande per una congenita mancanza di lavoro, per le delocalizzazioni delle fabbriche italiane e per le disuguaglianze?

In fondo, in quasi tutti i Paesi democratici esiste una percentuale irrazionale che alla fine viene sempre isolata. Ma in Italia si vive probabilmente su Marte o dalla chiromante. Impossibile modificare alcune propensioni. Meglio eludere i problemi, meglio discutere di etica e responsabilità. Intanto il “grande gioco” si svolge e coinvolgerà le nostre vite, quelle dei nostri figli e dei nostri nipoti.

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