Un’azienda seria si giudica dal fatturato e dalla sua redditività. Un’azienda atipica come la Rai bisogna giudicarla dagli ascolti, perché sono quelli che determinano ricavi (pubblicità) e utili (successo). Per questo motivo la bagarre di questi giorni sui nuovi assetti nella prima azienda culturale del Paese ha al centro la polemica sugli ascolti della rete ammiraglia, Rai1.



Da poco più di un anno alla guida della rete c’è una signora scelta dal governo precedente fondamentalmente per il merito. Teresa De Santis infatti non conosceva prima di essere nominata Salvini, Di Maio o Conte, e continua a non frequentarli neanche oggi. A differenza del suo principale accusatore, l’amministratore delegato Fabrizio Salini, che con “nonchalance” sta cercando di propinare lo stesso identico piano industriale concordato con il governo gialloverde ai nuovi partner del governo Conte 2. Promettendo posti a dritta e a manca, con annesso il vorticoso giro di nomi e di autocandidature.



Si dice che Rai1 abbia perso, soprattutto a settembre, molti ascolti. E che i dati siano in picchiata. Quindi andiamo a vedere come stanno effettivamente le cose. Intanto, per avere un quadro chiaro dei risultati e capire bene quali sono le tendenze, è fondamentale prendere in esame un periodo più ampio. Di seguito (foto 1) i risultati di “prime time” delle 7 generaliste negli ultimi 5 anni, nel periodo 15-30 settembre.

La tabella mette in evidenza il risultato positivo di Rai1, il calo di Rai3 e il risultato peggiore della propria storia di Rai2 ottenuto dalla direzione Freccero, che scende sotto il 6%. Anche Canale 5 e Italia1 sono in linea, a parte il tracollo di Canale5 nel 2018 dovuto a scelte aziendali restrittive. Crescono Rete4 e La7 grazie agli investimenti in programmi informativi, aiutati dal clima politico generale. Nel confronto tra le due ammiraglie, Rai1 ha battuto Canale5 nel periodo 15-30 settembre, 15 volte su 16: ha perso solo in occasione della serata di Champions League, andando sotto leggermente in prime time per -0,1%.



In ogni caso il vantaggio medio di share rimane stabile al +3,2%, che – visti gli investimenti fatti – non è risultato da poco. Mediaset sta puntando sulla sua prima rete concentrando contenuti unici ed esclusivi. In particolare la Champions League (condivisa da Sky, partner occulto sulla tv in chiaro) ha effetti multipli sulle performance di Rai1, che ha perso da quest’anno – per scelta aziendale – la partita in chiaro.

In primo luogo origina una flessione diretta del mercoledì, indebolisce l’offerta del martedì perché incide in contro programmazione, provoca la perdita di contatti con target strategici della popolazione, come il pubblico maschile.

Senza contare che proprio sul calcio Rai1 ha avuto il merito di aver rischiato – a ragione – inserendo in prima serata le partite della nazionale femminile, con risultati senza precedenti. A conti fatti Rai1 sta reagendo bene al confronto, e la flessione veramente non si riesce a capire dov’è. Senza contare che con i nuovi colpi in canna (a partire da Fiorello) che animeranno la programmazione di autunno, lo scontro con Mediaset si giocherà sera dopo sera.

O siamo tornati ai tempi in cui si vuol far vincere ad ogni costo il concorrente di Segrate?

A questo punto occorre farsi una domanda: dove sono finiti i 45 milioni di euro che erano a piano e che non sono stati spesi, mentre alle reti è stato tagliato il budget e a Rai1 addirittura tolto quello dell’anno corrente ad agosto, quando ormai era già impegnato? Tutto questo per finanziare Raiplay? Oppure solo per abbattere il potenziale della RAI e far respirare Canale5, che viene battuta 15 volte su 14? PD e 5Stelle sono pregati di far conoscere la loro opinione in merito.