Gli ordini all’industria tedesca di dicembre, usciti martedì mattina, hanno sorpreso al rialzo con una crescita dell’8,9% rispetto al mese precedente; gli analisti si aspettavano un calo dello 0,5%. Il dato non è una smentita della difficile congiuntura in cui si trova l’economia tedesca. Il miglioramento, infatti, è stato trainato dagli ordini di grandi dimensioni e in particolar modo dalla voce “altre attrezzatura per il trasporto” (“other transport equipement”) che ha mostrato un incremento del 110,9% rispetto al mese precedente. Il dato, spiega il comunicato dell’ufficio statistico tedesco, è stato influenzato da un numero eccezionalmente alto di ordini di aerei.
È interessante, scavando ancora più a fondo, che nella stessa categoria degli aerei passeggeri sia inclusa anche la produzione di veicoli militari (non solo aerei). Più passa il tempo e più aumentano le consegne militari all’Ucraina e in generale il riarmo dei Paesi europei, più questa voce salirà e più influenzerà il dato aggregato sugli ordini all’industria. Un carro armato Leopard, per dare una prospettiva ai numeri, costa come duemila utilitarie.
Si può intravedere nel dato di dicembre il cambiamento dell’industria e dell’economia tedesche perché nello stesse mese gli ordini nel settore auto sono scesi del 14,7% rispetto a novembre. Se è vero che siamo solo all’inizio di uno sforzo più sistematico dell’Europa a supporto dell’Ucraina, e non solo, e se è vero che il peggioramento del quadro geopolitico è ancora recente, allora questi mutamenti sono solo le prime avvisaglie di un cambiamento profondo dell’industria e dell’economia.
La domanda di materiale militare, ovviamente, è inflattiva, attrae componentistica e materie prime e anche risparmio e capitale. Per aumentare i pezzi prodotti e per scalare le marce delle consegne e del rinnovamento degli arsenali si devono costruire nuovi impianti. Il settore della difesa non deve affrontare le stesse sfide regolamentari che l’Europa impone a settori come l’automotive o all’industria energetica. L’espansione dei nuovi ordini per equipaggiamento militare produce “Pil”, ma non produce aumento del potere d’acquisto, abbassamento dei prezzi o dei tassi di interesse; agisce, anzi, in senso esattamente contrario. I consumi privati scendono, calano le auto vendute, e aumenta la spesa per gli investimenti. Il risultato, come forse si è iniziato a vedere a dicembre, è una sorpresa “positiva” sugli ordini all’industria.
Le ostilità in Ucraina e le tensioni geopolitiche, dopo la fine della fase più acuta della crisi energetica, sono rimaste sullo sfondo dell’andamento economico. La normalizzazione del conflitto si sposta gradualmente anche all’economia e gli effetti sono concretissimi.
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