Immaginate di essere al supermercato, davanti a due pacchi di biscotti identici, uno a 1,99 euro, l’altro a 2. Istintivamente, molti si sentono più attratti dal primo. Perché una differenza di un solo centesimo può spostare una preferenza?

Il nostro cervello, per prendere decisioni rapidamente, tende a focalizzarsi sulle cifre del prezzo a sinistra della virgola, quindi sui numeri interi, poiché danno un’immediata percezione dell’ordine di grandezza del prezzo. Le cifre con tanti nove sono un trucco psicologico volto a orientare le decisioni dei consumatori, sfruttando l’umana propensione a semplificare le informazioni per decidere più velocemente (e distrattamente).



Un altro esempio è l’etichettatura nutrizionale. Un prodotto “80% privo di grassi” è percepito più positivamente rispetto a uno “con solo il 20% di grassi”, anche se l’informazione è la stessa. Il nostro cervello si è evoluto per dare maggiore importanza alle situazioni che suggeriscono esperienze positive rispetto a quelle negative e, in generale, per prendere decisioni in base a ciò che le informazioni disponibili evocano. La prima etichetta enfatizza l’aspetto salutare evocando sensazioni positive (prevalente assenza di grassi), mentre la seconda intende minimizzare la presenza di grassi, ma evoca un concetto negativo. Anche se non vi è alcuna differenza sostanziale tra le due opzioni, il modo in cui l’informazione è presentata può influenzare la nostra percezione e, di conseguenza, la nostra decisione.



Le nostre opinioni – e, di conseguenza, le nostre decisioni – si modellano in funzione della nostra cultura e del mutevole contesto in cui operiamo. Quindi, ceteris paribus, il modo in cui le informazioni sono interiorizzate conta.

Vediamo ora altre situazioni per capire come il modo in cui riceviamo le informazioni possa orientare le nostre decisioni. Vi è mai capitato di trattenervi dal commentare un post perché la maggior parte delle opinioni espresse erano contrarie alla vostra? Questo comportamento, che si rifà alla teoria della “spirale del silenzio” suggerita dalla ricercatrice sociale Elisabeth Noelle-Neumann, deriva dal fatto che molte persone tendono a non intervenire se percepiscono di essere in minoranza, temendo l’isolamento sociale. Infatti, se leggiamo una serie di commenti a un post orientati in una certa direzione, siamo orientati a pensare che quella è l’opinione predominante. Invece, quella dei post può essere l’espressione di una minoranza agguerrita e, quindi, pronta a reagire. In un contesto in cui le voci dissenzienti, indipendentemente dal loro peso in una democrazia formale, scelgono di non farsi sentire (per evitare conflitti, per mancanza di tempo per commentare, per disinteresse verso chi ha scritto il post, ecc.), si ottiene un’illusione di consenso generalizzato che può, a sua volta, influenzare ulteriormente le opinioni degli altri, alimentando un circolo vizioso in cui le opinioni alternative diventano sempre più rare.



Un altro esempio è il seguente: gli esperti di progettazione di questionari hanno osservato, tra l’altro, che l’ordine e la formulazione delle domande possono alterare le risposte. Come e perché? Nel 1979, durante la cosiddetta Guerra fredda, fu condotto un esperimento negli Stati Uniti, in cui si chiedeva ai cittadini di esprimere l’opinione se dovesse essere concesso ai mass media russi di documentare la vita negli Usa e riportare le notizie raccolte in Unione Sovietica. Il 55% si dichiarava favorevole; tuttavia, se prima di questa domanda veniva chiesto ai cittadini se ritenevano che ai giornalisti americani dovesse essere concesso di poter lavorare in Russia e riportare le notizie negli Stati Uniti – una domanda a cui la maggioranza rispondeva positivamente – il grado di accordo espresso nella domanda successiva, quella sulla libertà dei media russi negli Usa, saliva al 75%. Questo suggerisce come, dopo aver affermato un diritto per sé stessi, le persone si sentivano moralmente spinte a concederlo anche all’altra parte, seguendo un principio di reciprocità. Quindi, l’ordine e il modo in cui sono poste le domande in un questionario (ma non solo) influenzano le risposte.

Pertanto, quando gli esperti nella tecnica di formulazione di questionari vogliono far emergere la vera propensione (o il reale comportamento) dei rispondenti su un tema scottante si pongono in sequenza due domande, una prima di carattere generale, nella quale al rispondente si chiede cosa ne pensano gli altri (“che cosa fa in genere, la gente?”) e poi una più specifica, inerente all’opinione (o al comportamento) del rispondente. Per esempio, per conoscere l’opinione sull’aborto, la prima domanda può essere “Che cosa ne pensa la gente sulla possibilità che una donna che non ha figli possa interrompere una gravidanza?” e la seconda domanda può essere “E lei che cosa ne pensa?”. Anche esprimere lo stesso concetto con “interrompere una gravidanza” invece che il più crudo “abortire” dà risultati ben diversi.

Abbiamo condotto in Italia un esperimento analogo a quello statunitense appena illustrato. Nell’ottobre del 2024, abbiamo posto a un campione di 800 italiani rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne due domande: “È giusto che i mass media russi (giornali, canali tv, social media, ecc.), possano operare liberamente in Italia?” e “È giusto che i mass media italiani (giornali, canali tv, social network più usati in Italia, ecc.) possano operare liberamente in Russia?”. Le due domande miravano a evidenziare se, per gli italiani, valeva la reciprocità della possibilità di operare dei giornalisti. Al 50% delle persone contattate abbiamo posto le domande nell’ordine sopra indicato e all’altro 50% abbiamo posto le domande nell’ordine inverso e abbiamo poi confrontato i risultati. Le possibili risposte erano su una scala a quattro livelli, da molto d’accordo a molto in disaccordo e si poteva anche rispondere “non so”.

Quando la prima domanda riguardava la possibilità per i media russi di operare liberamente in Italia, solo il 45% dei partecipanti si è dichiarato (molto o abbastanza) favorevole. Tuttavia, quando questa stessa domanda è stata posta dopo aver chiesto l’opinione sulla libertà dei media italiani in Russia (che ha ottenuto un consenso del 72%) l’accettabilità dei media russi in Italia è salito al 55% (Tabella 1). La differenza è statisticamente significativa al 99%.

Tabella 1. Percentuale di italiani che si dichiara d’accordo sulla possibilità che i mass media russi operino liberamente in Italia, secondo l’ordine delle domande.

Tabella 2. Grado di accordo, a seconda del titolo di studio posseduto dal rispondente. La differenza è statisticamente significativa fra chi ha un titolo di studio fino alla scuola media, moderatamente significativa per chi ha un titolo di studio fino alla scuola superiore e non significativa per chi ha un titolo di studio pari alla laurea o superiore.

Tabella 3. Grado di accordo, a seconda dell’età del rispondente. La differenza è statisticamente significativa fra chi rientra nella fascia d’età 45-64 anni, mentre non è significativa per chi rientra nelle fasce d’età 18-44 anni o 65 anni o più.

Sembra chiaro che, alcune persone, dopo aver affermato un diritto per il proprio, abbiano considerato opportuno concedere lo stesso diritto anche all’altro Paese. Hanno, cioè, applicato il principio della reciprocità del comportamento, implicito nella sequenza delle domande.

Questa differenza è risultata più evidente tra le persone con livello di istruzione fino alla scuola superiore (Tabella 2) e nella fascia d’età 45-64 anni (Tabella 3). Le altre categorie di popolazione per le quali la differenza era minore (i laureati, le persone con meno di 44 anni o con più di 64 anni) potrebbero aver già tenuto conto di questa valutazione fin dall’inizio, anche quando la prima domanda riguardava la libertà dei media russi in Italia.

Questi risultati mettono in luce l’importanza cruciale della formulazione delle domande nei questionari e di come anche solo una variazione dell’ordine in cui sono presentate le domande possa avere un effetto significativo sull’opinione espressa dai rispondenti. Non solo, ma i criteri di progettazione del questionario (ordine delle domande, termini impiegati nel formulare le domande, ecc.) interagiscono con la cultura dei rispondenti.

Quindi, sono molti i fattori che possono influenzare le opinioni delle persone, e questo rappresenta un campo di studi nel quale vi sono ancora ampi orizzonti da esplorare. Comprendere questi meccanismi è fondamentale per interpretare correttamente i dati raccolti e per formulare domande che riflettano in modo accurato le opinioni della popolazione.

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