“Il green pass non è un arbitrio, è una condizione per tenere aperte le attività economiche”. Con queste parole, pronunciate in conferenza stampa, Mario Draghi ha spiegato la decisione del Governo di rendere obbligatorio il “certificato verde” dal 6 agosto per accedere non solo a musei, teatri e cinema, ma anche a palestre, piscine, centri termali e ai tavoli al chiuso di bar e ristoranti. L’esecutivo ha invece scelto di rimandare i provvedimenti riguardo l’utilizzo del green pass nelle scuole e per i mezzi di trasporto. Una scelta che, come spiega Guido Gentili, editorialista de La Prealpina ed ex direttore de Il Sole 24 Ore, aiuta il lavoro di mediazione del premier tra le diverse anime della maggioranza. “Com’è capitato in altre circostanze e sta accadendo su altri terreni, per esempio sulla giustizia, ci sono due posizioni contrapposte all’interno della maggioranza e Draghi è chiamato ancora una volta a cercare un’intesa”.
Perché il fatto di adottare provvedimenti sullo stesso tema in tempi diversi aiuta quest’opera di mediazione?
Nei mesi scorsi abbiamo visto Draghi spesso pronunciare un no secco alle proposte di uno dei partiti della maggioranza e poi stoppare quelle di un altro sul lato opposto dello schieramento politico, come nel caso della patrimoniale pro giovani di Letta e della richiesta di anticipare le riaperture da parte della Lega. Ora è più difficile adottare uno schema simile perché quello del green pass è un tema molto divisivo. È quindi probabile che assisteremo a una mediazione “classica” in cui il premier cercherà di tenere insieme le ragioni delle due parti con la stessa soluzione. E adottare i provvedimenti in due tempi rende più facile questa operazione.
Il tema è talmente divisivo che ha portato anche Lega e Forza Italia su fronti diversi…
Questo è un dato di cui tenere conto, perché finora avevamo visto una competizione tra Lega e Fratelli d’Italia, con il Carroccio che cerca di essere partito di governo, ma anche di lotta per non perdere consensi rispetto a chi è all’opposizione. Io credo che l’avvicinarsi delle elezioni amministrative e del semestre bianco renderà i partiti per certi versi più liberi di dire quello che vogliono, accentuando i contrasti tra di loro. Non è certo un bel vedere su certi temi e quel che accade nello specifico sul green pass indubbiamente indebolisce la coalizione di centrodestra nel suo insieme.
L’avvicinarsi del semestre bianco favorisce questa alzata di toni da parte dei partiti perché sanno che le conseguenze non potranno essere gravi?
Esatto. Il semestre bianco costituzionalmente era nato per impedire che il presidente della Repubblica fosse tentato di sciogliere le Camere per ottenere un qualche vantaggio utile alla propria rielezione. Oggi, invece, fornisce maggior margine di polemica ai partiti, i quali possono parlare più liberamente. E per il Governo questa scadenza diventa fondamentale per decidere se forzare o meno la mano.
Da che punto di vista?
Nel Consiglio dei ministri è stata data autorizzazione al Governo a porre la fiducia sulla riforma della giustizia, che è un altro argomento molto divisivo. Del resto Draghi ha ripetuto ancora una volta che quello della giustizia non è un tema come gli altri, ma è invece decisivo per il Recovery plan, sul quale stiamo però vedendo una situazione simile a quella relativa al green pass, con al posto della Lega un M5s che vuol essere di governo e di lotta. Tecnicamente, prima che scatti il semestre bianco, il presidente del Consiglio ha l’arma per dire: le condizioni sono queste, sul tema della giustizia abbiamo come noto un impegno che ci vincola con l’Europa, quindi o mi votate la fiducia oppure si va verso lo scioglimento delle Camere.
Con la giustizia forse è più semplice usare questo espediente perché il testo di legge è già incardinato in Parlamento, si tratta di inserire gli emendamenti e porre la fiducia prima del 3 agosto, mentre con il green pass no.
Certo. Per il green pass può risultare vincente quel lavoro di mediazione a tappe di cui parlavo all’inizio. Se ne è avuta una piccola riprova nella soddisfazione espressa da Salvini riguardo al fatto che non si parla per il momento di obbligo di green pass per utilizzare i mezzi di trasporto o per entrare a scuola. Ovvio che se M5s desse delle garanzie, sulla riforma della giustizia si potrebbe anche pensare a uno slittamento del voto in Parlamento. Dopo che hanno presentato più di 900 emendamenti e condiviso le osservazioni critiche di magistrati come Gratteri e Cafiero De Raho, è però difficile ipotizzare una netta retromarcia politico-mediatica da parte dei pentastellati. Vedremo cosa decideranno di fare.
A proposito di emendamenti, nei giorni scorsi il Governo è andato in minoranza in commissione sul Dl Recovery con due proposte, una di M5s e Pd, l’altra della Lega, entrambe contro il parere del ministro Cingolani, tra i “tecnici” dell’esecutivo che hanno più voce in capitolo sull’attuazione del Pnrr. Un tentativo dei partiti di rimanere in partita sul Recovery plan?
Esatto, si tratta di un tentativo per non essere tagliati fuori e non dare l’impressione di essersi affidati a un Governo tecnico che opera senza mediazioni con la politica. È un modo per cercare di trovare un’interlocuzione, che hanno perso nel momento in cui a Draghi è stato affidato il mandato di guidare un esecutivo di unità nazionale per fare le cose che servono. Non bisogna sottovalutare quello che è accaduto, perché gli emendamenti sono stati all’insegna di recuperare l’iniziativa politica, arrivando fino alla possibilità di far cambiare i progetti del Pnrr tramite un voto parlamentare. Evidentemente non è bastato accontentare i partiti con gli sforamenti di bilancio: la politica sta cercando di tornare ad avere l’ultima parola sul Recovery plan.
Potrebbe esserci anche in questo caso la tentazione di mettere la fiducia sul decreto, vista l’importanza del tema?
Sì, anche se i tempi sono stretti. Resta il fatto che, come nel caso della riforma della giustizia, questo è un tema molto delicato che attraversa il rapporto con l’Europa. Il fatto di riaffidare ai partiti la possibilità di avere l’ultima parola su questo terreno sarebbe abbastanza complicato da spiegare a Bruxelles. Quindi, per quanto estrema, la carta della fiducia mi sembra certamente da mettere nel novero delle possibilità.
Torniamo al green pass. La posizione di Confindustria sul suo utilizzo nelle aziende e la contrarietà dei sindacati rischia di richiedere al Governo un’altra mediazione?
Sì. In questa vicenda, che mostra il sorgere di “alleanze” curiose perché troviamo Landini e Salvini sulla stessa posizione, opposta a quella del Pd, credo sia comunque più facile trovare una mediazione rispetto al tema generale del green pass in quanto tale. Il suo utilizzo nelle aziende è infatti un argomento specifico che consente di poter raggiungere più facilmente un’intesa che accontenti tutti, un po’ come è avvenuto nel caso della fine del blocco dei licenziamenti.
(Lorenzo Torrisi)
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