Non era difficile da prevedere: a una settimana esatta dal voto per il Quirinale la confusione è massima. In fondo un accordo annunciato oggi difficilmente reggerebbe un’attesa tanto lunga. È un fatto però che il dialogo fra i partiti sia tutto in salita, anche se sembra il momento delle cortine fumogene e delle narrazioni contrapposte.
Cerchiamo di fare il punto, distinguendo i fatti dagli spin di parte che cercano di segnare il campo. Primo fatto: c’è una mucca nel corridoio (detta alla Bersani), ed è la presenza ingombrante di Silvio Berlusconi. Siamo alla pre-candidatura, il centrodestra ha affidato a lui l’onere di sciogliere la riserva, ma questo è bastato per scatenare il putiferio. Per M5s, Pd e Leu il nome è irricevibile, ma serpeggia il terrore che l’“operazione scoiattolo” porti frutto. Da qui la narrazione che Berlusconi al Quirinale significhi automaticamente elezioni anticipate, perfetta per spandere terrore fra le fila del gruppo misto, e anche fra chi nel corpaccione grillino potrebbe cedere alle lusinghe delle sirene di Arcore.
Il centrodestra farà il punto verso giovedì, e sarà un momento chiave. Se Berlusconi esprimesse la volontà di andare avanti, Salvini e Meloni pretenderebbero tutte le carte sul tavolo, per essere sicuri dei numeri. Sgarbi e non solo lui sino ad allora staranno attaccati al telefono. A sua volta Berlusconi chiederà garanzie di compattezza ai suoi alleati, visto che il rischio di franchi tiratori è concreto. Molti dubbi, ad esempio sulla trentina di grandi elettori di Coraggio Italia, che non ha neppure sottoscritto l’impegno a non cambiare la legge elettorale.
Il Cavaliere non intende finire impallinato come un Prodi qualsiasi. Anche i suoi collaboratori, peraltro, sembrano divisi fra favorevoli e contrari al tentativo. E resta da capire quella visita di Gianni Letta a Palazzo Chigi venerdì scorso, un’ora a colloquio con il capo di gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello. Ambasciatore di Berlusconi, as usual, oppure partita giocata in proprio, come sussurrano alcuni retroscenisti? Certo che il leader di Forza Italia a pochissime persone cederebbe il passo, e una di questa è l’“eminenza azzurra”, che di suo mai ha chiesto cariche per sé, ed è pure conscio dei suoi quasi 87 anni, per quanto splendidamente portati.
Qui entriamo nello spin (confuso) di centrodestra: davvero Berlusconi potrebbe decidere di fare il king maker di un nome alternativo? Circolano varie ipotesi, tutte più o meno valide, due donne come Maria Elisabetta Casellati o Letizia Moratti, oppure esponenti una volta di primo piano come Marcello Pera, oppure (new entry) Giulio Tremonti, che risulta però tuttora piuttosto indigesto dalle parti di Villa Grande.
Stando alle parole di Enrico Letta, come pure a quelle di Renzi, la trattativa vera potrebbe cominciare un minuto dopo il ritiro dell’ipotesi Berlusconi. Ma il centrodestra potrebbe uscire a pezzi da questo passaggio, così come da una bocciatura in aula del nome del Cavaliere, al primo o al quarto scrutinio poco cambia.
Su tutto rimane il nodo dei nodi: come garantire la continuità del governo e della legislatura? Conservando Draghi a Palazzo Chigi, o mandandolo al Quirinale? Le due questioni sono legate in tutti i casi. Se il premier trasloca serve quel patto di legislatura che Letta propone a gran voce. Serve anche un nome per la guida del governo, ed è un’impresa titanica. Non a caso Salvini risponde proponendo i leader di partito nell’esecutivo. La questione rimane aperta e scottante, non meno del caso opposto, della situazione cioè in cui Draghi resti alla guida del governo. Perché sarebbe necessario un Capo dello Stato da cui si senta garantito. E i nomi in grado di rassicurarlo sono davvero pochissimi: oltre a Mattarella (la cui indisponibilità pare granitica) forse Giuliano Amato, pare nemmeno Pier Ferdinando Casini. Il rischio, più concreto di quanto non si immagini, è quello di perdere del tutto Draghi, sia dal Quirinale, sia da Palazzo Chigi. Lui che è stato negli ultimi 11 mesi la migliore polizza dell’Italia a livello europeo e internazionale.
Ci attende una settimana sulle montagne russe, in cui presumibilmente i toni cresceranno sino almeno alla scelta di Berlusconi. Il momento della verità arriverà nel prossimo fine settimana, quando all’apertura della seduta comune del parlamento mancheranno poche ore.
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