Draghi presidente della Repubblica – perché “questo parlamento non ha la forza di eleggere un presidente diverso” – sulla base di un accordo Pd-M5s-Meloni, magari destinato ad allargarsi. È lo scenario di Fabrizio d’Esposito, notista politico del Fatto Quotidiano. La candidatura di Berlusconi è ormai un fatto politico, ma l’ex premier non ce la farà.
La grande incognita rimane il centro: una maionese fuori controllo che potrebbe anche nascondere i franchi tiratori di Draghi. Un quadro moderatamente preoccupante, secondo d’Esposito, sul quale vigilerebbe – dovutamente in disparte – Mattarella come estrema riserva della Repubblica, pronta a rientrare in campo.
Berlusconi sembra avere i numeri, potrebbero mancargli meno di 50 voti.
La sua è una candidatura seria e questo è un fatto oggettivo: Berlusconi è riuscito ad imporla. Non è più un capriccio personale tollerato da Salvini e Meloni.
Questo non gli dà un vantaggio?
Nonostante le dichiarazioni, come quelle di Conte che ha attribuito a Berlusconi il merito di “avere fatto delle cose buone”, o di avere modernizzato la destra, i 5 Stelle non lo voteranno. Mi sento di escluderlo nel modo più netto.
Nonostante quella che viene dipinta come una solida campagna acquisti?
La verità è che Berlusconi non potrà mai contare su tutti i voti di Lega e FdI, che nel segreto dell’urna lo tradirebbero. È questa la maggiore debolezza della sua candidatura, che infatti sta dividendo berlusconiani e anti-berlusconiani, FI e 5 Stelle.
Qual è oggi la situazione?
Le formazioni in campo si stanno delineando. Non dimentichiamo quello che ha detto Letta: la Meloni deve far parte dell’accordo per eleggere il capo dello Stato. È il fronte pro Draghi: Letta, Meloni – che lo vota con la speranza di andare al voto anticipato – e Conte a rimorchio.
E poi?
C’è l’asse contrapposto Salvini-Renzi. Si stanno organizzando. Non saprei dire su quanti tavoli stia giocando Salvini, ma se il capo della Lega considera Renzi il suo interlocutore privilegiato, allora vuol dire che le elezioni anticipate non le vuole, perché dalle parti di Renzi la condizione per parlare di Quirinale è niente voto nel 2022: Renzi sa perfettamente che né lui, né alcuno dei suoi nel 2023 rientreranno in parlamento.
Neanche appoggiandosi al nuovo centro in perenne elaborazione?
Sì, ma solo se questo centro immaginifico arrivasse a percentuali stratosferiche. Cosa di cui dubito fortemente.
Abbiamo abbozzato due fronti. Però il quadro è molto più complesso.
Non c’è dubbio. L’asse fondamentale è quello tra Mattarella e Draghi. Non va perso di vista.
È difficile interpretare cos’abbiano in mente. Tu cosa pensi?
A mio modo di vedere, tutte le volte in cui Mattarella ha negato l’ipotesi di un mandato bis, lo ha fatto per stanare Draghi. Come dire: insomma, deciditi.
E Draghi ha deciso?
Sì, ma non di rimanere a Palazzo Chigi, bensì di andare al Quirinale. Pare che abbia anche commissionato dei sondaggi, e stia ragionando su quanti potrebbero tradirlo. Un fatto è certo: i due devono parlarsi. L’unico con cui Mattarella può affrontare la questione è Draghi, e solo Draghi può chiedere a Mattarella che intenzioni ha.
Chi ci dice che non si siano già parlati e abbiano deciso?
Mattarella ha dimostrato di sentire la pressione dell’opinione pubblica, secondo me siamo ancora in una fase di incertezza.
E le pressioni esterne, come quella del Financial Times, che suggeriscono caldamente a Draghi di rimanere a Palazzo Chigi?
A gennaio il piano sarà talmente inclinato che anche se Draghi restasse al governo, andremmo alle elezioni anticipate. La maggioranza è logorata, i partiti non toccano palla, sono umiliati da questa esperienza. Proprio come fu con Monti.
E questi partiti logorati sono gli stessi che dovrebbero mandare Draghi al Quirinale?
Ci vuole un accordo forte, al netto dei franchi tiratori. Facciamo il ragionamento opposto: assumersi la responsabilità di impallinare Draghi finirebbe per balcanizzare questo parlamento e avviarlo velocemente allo scioglimento, chiunque sia il presidente della Repubblica.
Quindi?
Io non credo che i peones che affollano il centro, e che sono quelli più abbarbicati alla poltrona, facciano calcoli spregiudicati. Ovviamente ci sono altre spinte conservative.
Ad esempio?
Casini che sta promettendo a chiunque che in caso di elezione non scioglierà le Camere.
Non potrebbe essere lui il candidato di Renzi e Salvini?
Lo si è scritto già tempo fa. Però io credo che oggi essere il candidato di Renzi non porti bene, il suo potrebbe essere ritenuto il bacio della morte. E poi i 5 Stelle non voterebbero né per Casini, né per Amato.
Il centro è veramente un’incognita. Cosa faranno totiani, ex Dc, sigle del Misto?
Qui c’è ben poco di politico. La stessa campagna acquisti di Berlusconi dimostra che da quelle parti c’è molto opportunismo. Certo, se un domani avessi l’ambizione di far parte del nuovo centro renzian-totiano, non potrei fare tutto quello che mi pare… Detto questo, il centro resta la variabile impazzita della legislatura. Potrebbero essere i parlamentari che silurano Draghi.
E nonostante questo, per te Draghi è avvantaggiato. Perché?
Per due ragioni. La prima è che questo parlamento non mi sembra avere la forza di eleggere un presidente diverso da Draghi. Per condizionare l’elezione con propri candidati forti, i partiti o gli schieramenti dovrebbero essere essi stessi molto più forti di quello che sono.
A chi ti riferisci?
A tutti: il centrodestra è diviso al suo interno, il Pd è diviso in correnti, con Franceschini che gioca contro Draghi e probabilmente contro Letta; Conte che fatica a controllare M5s, e del centro abbiamo detto: alcuni voteranno Berlusconi, altri aspetteranno gli eventi.
E la seconda ragione?
Diciamocelo chiaramente, il Quirinale non si può rifiutare.
Come si comincia?
Con un accordo Pd-M5s-Meloni e gli altri a rimorchio. Se non ce la fanno entro le prime tre votazioni, lo proteggono fino alla quarta. Nel frattempo allargano l’accordo. A meno che non riescano a fare un accordo più ampio fin dall’inizio.
Letta elettore di Draghi. Una scelta subita?
Letta non ha ancora scoperto le carte, ma io credo che sotto sotto il suo candidato sia sempre stato Draghi. Il segretario del Pd in questa vicenda gioca anche una sua partita personale.
Però il candidato del Pd era Mattarella.
Certi settori del Pd hanno forzato sul Mattarella bis, ma Mattarella ha avuto il no della Meloni. A quel punto il Colle ha detto: non pensateci proprio.
Mattarella è fuori dai giochi?
In realtà no. Gli scenari sono due. O Draghi, dopo Natale, in modo clamoroso dice no al Quirinale per restare al governo, o perché altri poteri premono per tenerlo a palazzo Chigi, o perché scopre che sarebbe impallinato in aula. A quel punto tutti i partiti che sostenevano Draghi fanno appello a Mattarella e gli chiedono di restare.
L’altro scenario?
Draghi viene impallinato in aula, non si trova un accordo e si vota senza risultato. I partiti vanno in ginocchio da Mattarella e gli chiedono di restare.
L’accordo è complesso: non solo il presidente, ma anche palazzo Chigi, la durata della legislatura e la legge elettorale. Non è irrealizzabile?
Io credo che torneremo a votare con il Rosatellum. Però occorre adattare i collegi al taglio dei parlamentari, e una stagione di riforme costituenti potrebbe essere la scusa per allungare la legislatura e cambiare la legge elettorale. Non sappiamo neppure cosa potrebbe fare Draghi una volta eletto come capo dello Stato.
In che senso?
E se nel suo primo discorso alle Camere il neopresidente, eletto per andare alle urne, dicesse che lui non scioglie se prima il parlamento non fa le riforme?
(Federico Ferraù)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.