“Tutti lo chiedono, tutti lo vogliono, Draghi. Ma al governo fino 2023, non al Colle” dice al Sussidiario Calogero Mannino, ex ministro Dc e parlamentare per sette legislature. “L’attuale maggioranza non sopravviverà all’apertura delle votazioni”, è il suo pronostico. A quel punto molto dipenderà da Berlusconi.



Che cos’hanno in mente i partiti, Mannino?

Tutti al governo fino al 2023, per tenere in piedi la legislatura con Draghi, almeno a parole, poi elezioni. Alle quali vorranno partecipare ognuno per proprio conto e vincerle. Ma s’immagina…

Nei giorni scorsi è circolata l’ipotesi del 24 gennaio come prima seduta. il suo pronostico?



L’attuale maggioranza non sopravviverà. Anzi, non sopravviverà all’apertura delle votazioni.

E perché?

Berlusconi non desiste, tiene ferma l’annunciata candidatura ed impegna irrevocabilmente la maggioranza che il centrodestra ha in dote puntando al largo recupero che anche Calderoli, sul Corriere, ha annunciato possibile. Sembra non curarsi degli show in piazza annunciati dal risorto “Popolo viola”, un segnale inequivocabile. D’altra parte Letta ha detto che la divisione della maggioranza nelle elezioni del presidente diviene anche rottura della maggioranza governativa.

Quindi?



Con la semplice candidatura di Berlusconi, sulla quale il Pd non può convergere, la maggioranza si dissolve. E il governo Draghi va in crisi. 

Una crisi politica, non formale.

Non mi sembra poco. Una cosa è certa: Il governo Draghi non sopravvive alle elezioni del presidente della Repubblica. Indipendentemente da questo, la maggioranza di governo, come si è visto negli ultimi giorni, anche nelle scelte sulla pandemia, dimostra crepe e problemi di tenuta.

Berlusconi non sarà l’unico protagonista.

Salvini impegnerà la lealtà dei suoi gruppi parlamentari nel voto a Berlusconi e impegnerà su questo punto anche la Meloni, che dovrà attenersi all’alleanza per non essere emarginata. Nonostante le ampie accoglienze ricevute dai padroni di casa della democrazia italiana.

La Meloni è in ottimi rapporti con Letta.

Appunto. E potrebbe essere più interessata a votare un presidente al disopra delle parti, e non di parte.

Continui.

Se Berlusconi raccatta i voti necessari all’elezione, per Salvini va bene. Altrimenti, sempre tenendo ferma l’alleanza Lega-FdI-FI, il centrodestra cercherà un’altra candidatura.

E qui, forse, cominciano i problemi. 

Sono già in movimento arbitri e allenatori che lavorano alla tesi della pacificazione… tra il Milan e l’Inter, peraltro con la valorizzazione del soggetto unificante.

Ovvero?

Una donna. E alla pacificazione tra le due squadre milanesi non pochi seguaci della Meloni stanno prestando il loro attivo impegno.

Come la mettiamo con il centro? È indecifrabile, un’incognita.

Renzi da un lato e Calenda dall’altro, entrambi leader di due rivoli del futuribile “centro” – lo metta tra virgolette, per favore –, a fronte di un’iniziativa solida del centrodestra con una propria candidatura non avrebbero altra scelta che accettarla. Ma non penso che vogliano essere aggiunti al centrodestra.

Non prenderanno l’iniziativa?

Una loro proposta non può avere successo, non in questo contesto. Ne avrebbero una meritevole, e sappiamo bene qual potrebbe essere: un uomo di esperienza politica ma anche di provate relazioni istituzionali.

Si riferisce a Casini? Ad Amato?

Il primo, più del secondo, avrebbe il no di Berlusconi. Stavolta nei giochi della presidenza della Repubblica Renzi non ha margini. E si dovrà accontentare di una soluzione che assicuri la tenuta della maggioranza fino alla fine della legislatura.

Cosa faranno a sinistra?

Letta si sforza di tenere unito un Pd che scappa da tutte le parti: Franceschini continua a sognare almeno una presidenza, Orlando pensa e spera nella continuità di governo fino al 2023, l’oracolo Bettini, che si trova a grande distanza geografica e non può dare indicazioni più strette, rilascia interviste e poi precisazioni a queste, ma siamo fermi al manifesto ideologico di una nuova sinistra non socialdemocratica, e comunque sempre post-comunista.

I Cinquestelle sono l’incognita più grande. A chi rispondono e cosa faranno? 

Conte sta conducendo una divagazione al femminile, in attesa di Grillo, che dirà la parola definitiva, il verbo al quale Di Maio intende attenersi.

Mettiamo un punto fermo, per favore.

Se il ciclo delle votazioni non parte con un accordo largo c’è il rischio elevato che si scompagini il sistema politico, proprio nella fase in cui tutti i problemi richiedono una forte tenuta istituzionale ed una capacità di governo molto efficiente.

A proposito della capacità di governo. I problemi non mancano, anche senza considerare il voto per il Quirinale.

L’esecutivo ha svolto efficacemente la prima parte del suo programma. Sul Pnrr, definite le premesse, adesso c’e tutto da fare sul piano operativo. E qui si vedono le falle nel funzionamento di alcuni dicasteri. Il tema sarà al centro delle consultazioni per la formazione del nuovo governo una volta eletto il presidente della Repubblica. Perché, sia chiaro, dopo si fa un nuovo governo.

Ma quando sarà eletto il successore di Mattarella?

Stando così le cose, direi intorno alla 17esima votazione… memorabile, in altri tempi. Non oggi.

Quella che portò al Colle Giovanni Leone. Come evitare uno stillicidio simile?

Berlusconi, valutato il rischio di finire impallinato, potrebbe riprendere in mano il gioco, facendosi sponsor di Draghi. Solo così eviteremmo la tempesta di febbraio. Quella dei mercati, intendo.

Non dev’essere facile convincere Berlusconi.

Potrebbe provarci uno dei suoi fedeli, cioè Gianni Letta, dopo il 10 gennaio, quando la pressione comincerà a salire. Il suo compito non sarà facile, anche se fosse sostenuto da un’autorevole e significativa moral suasion.

(Federico Ferraù)

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