Incoraggiati dal voto parlamentare sul caso della nave Open Arms, i maggiori esponenti della maggioranza hanno ripreso fiato e soprattutto hanno ritrovato il nemico per eccellenza, cioè Matteo Salvini. Il quale, per altro, non si sottrae agli attacchi cui offre il petto nudo da Milano Marittima. A quasi un anno dalla clamorosa uscita dalla maggioranza, il leader della Lega è tornato in zona Papeete e senza mascherina né particolari riguardi tenta di recuperare il consenso perso per strada. Ma sono le forze di maggioranza a usare il maggiore volume di fuoco. Il premier Giuseppe Conte ha detto che Salvini “crea sfiducia, danneggia l’Italia e lavora contro l’interesse nazionale”. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha rafforzato i colpi contro il “negazionista”, definito “scellerato” perché “si fa pubblicità” facendosi vedere in giro senza mascherina.



Conte e Zingaretti si muovono all’unisono attaccando Salvini per difendere le ultime scelte del governo, che enfatizzano i rischi legati a un ritorno del coronavirus mentre sostanzialmente ignorano gli allarmi che si spargono in vari angoli in Italia contro gli sbarchi dalla Libia e i relativi ricollocamenti di migranti. È una scelta comunicativa precisa: si parla di una cosa per nascondere l’altra. In realtà il ministro dell’Interno Lamorgese non perde occasione per lanciare allarmi sul rischio di tensioni sociali, ma pare che per il premier e il Pd i pericoli maggiori vengano dal Covid benché, fortunatamente, i numeri dell’emergenza primaverile siano lontanissimi.



Ormai il coronavirus è come il Pci di Berlinguer al tempo del terzo governo Andreotti: il Covid dà a Conte un appoggio esterno. È l’alleato numero uno della maggioranza giallorossa, il pilastro principale su cui si regge l’accordo tra Pd e 5 Stelle, il collante di una coalizione che altrimenti sarebbe già implosa. Ma per non perdere questo sostegno il governo è costretto ad alimentare gli allarmi. E come vengono pompate le tensioni sul versante sanitario, così si accentuano i contrasti con un’opposizione divisa al proprio interno, ma non per questo meno “irresponsabile”, “negazionista”, “scellerata”. L’accentuazione dei rischi legati al lasciare mano libera ai sovranisti va di pari passo con lo sforzo di continuare a dipingere il coronavirus come un nemico ancora temibilissimo.



Si spiegano così anche le ripetute incertezze del governo nel prendere decisioni. Sulle ferrovie, per esempio: prima si dà via libera al riempimento delle Frecce, e improvvisamente si fa marcia indietro. Nei vagoni deve restare il distanziamento, non bisogna abbassare la guardia. Eppure negli aerei si viaggia ammassati. Che differenza c’è fra velivoli e convogli? Non si capisce. Ma per il governo c’è. Altro esempio: l’esecutivo tentenna sulle fiere, pare siano focolai tremendi di contagio. Invece i centri commerciali no, lì non si verificano assembramenti anche se nel fine settimana essi attirano decine di migliaia di persone.

Treni a rischio, aerei no; fiere a rischio, grandi magazzini no. Il governo non sa che pesci pigliare. L’effetto però è garantito: davanti a tanto caos, nella gente si rafforza l’idea che la pandemia in Italia non è passata e che nell’incertezza è meglio non fidarsi. La confusione normativa alimenta l’emergenza collettiva. E l’attacco ai “negazionisti” è funzionale a tutto ciò, benché siano in continua crescita sia il numero sia l’autorevolezza delle voci contrarie all’allarme permanente effettivo.

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