La questione del grano torna, ancora, di attualità. Questa volta però la battaglia imbocca la via dello scontro diplomatico. Tutto nasce dalla decisione della Commissione europea di revocare il provvedimento che consentiva a 5 Paesi di adottare restrizioni alle esportazioni dei cereali agricoli ucraini. Un provvedimento nato per salvaguardare i mercati interni dei Paesi che risultano geograficamente i più vicini a Kiev all’interno dell’Ue e quindi più esposti alla commercializzazione del cereale ucraino, che – va ricordato – dallo scorso luglio non può più essere trasportato via nave a causa del mancato rinnovo dell’accordo sul Mar Nero da parte della Russia. Allo stato attuale, però, la Commissione sostiene di “non avere più ragioni per prolungare il divieto oltre la scadenza prevista”.
Una posizione per nulla condivisa da Polonia, Slovacchia e Ungheria che hanno annunciato di voler bloccare unilateralmente il grano ucraino all’interno dei propri confini. Suscitando a loro volta la ferma reazione di Kiev che ha intentato una causa presso la World Trade Organisation (Wto) contro i tre Paesi. Una causa che invoca un principio generale: “È di fondamentale importanza per noi dimostrare che i singoli Stati membri non possono vietare le importazioni di prodotti ucraini”, ha dichiarato il ministro dell’Economia ucraino Yulia Svyrydenko in un comunicato.
La partita pare comunque ancora del tutto aperta. Come conferma anche la reazione del commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski che ha richiesto alla presidente Ursula von der Leyen di analizzare nuovamente la situazione e ripristinare il divieto. “Non ritengo che la questione sia definitivamente chiusa”, dichiara Wojciechowski, che teme il “rischio di una nuova destabilizzazione del mercato” in tutta Europa, “con potenziali conseguenze sfavorevoli per la stessa Ucraina”.
Un rischio, in verità, paventato anche dalle principali associazioni degli agricoltori del nostro Paese. “È in atto una speculazione violenta sul mercato” ha dichiarato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, intervistato a Radio 24 Focus Economia. E anche Coldiretti mette in guardia sul fenomeno rilevando che “i prezzi del grano in Italia sono crollati del 60% rispetto alle quotazioni dello scorso anno, su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro della coltivazione lungo la Penisola”.
La questione insomma tocca da vicino anche il nostro Paese. Che potrebbe recitare un ruolo di non secondo piano nell’aiutare a ricucire le fratture interne all’Unione. “L’Italia – ha detto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, a margine del Consiglio Agrifish a Bruxelles – contribuirà per cercare di mediare rispetto alle posizioni sull’ingresso nell’Ue dei cereali ucraini perché credo che sia un elemento di unità dell’Europa riuscire a evitare da una parte il disinteresse rispetto ai danni che subisce il singolo Stato e dall’altra, evidentemente, i potenziali egoismi che gli Stati possono veder emergere”.
Una disponibilità peraltro fattivamente ribadita nel confronto tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il ministro dei Trasporti e delle Costruzioni slovacco, Pavol Lančarič, e l’Ambasciatore dell’Ucraina in Italia, Yaroslav Melnik, intervenuti durante la tavola rotonda “Corridoio di solidarietà – Triangolo di cooperazione Italia-Slovacchia-Ucraina” organizzata presso l’Ambasciata della Repubblica Slovacca a Roma con la collaborazione del Consolato Onorario della Repubblica Slovacca in Trieste. Un incontro in cui si è appunto parlato del transito dei prodotti agricoli ucraini verso i Paesi più sofferenti del mondo, per scongiurare l’acuirsi della crisi alimentare nel mondo causata dall’invasione russa in Ucraina. E nel quale è stato approfondito il progetto del terminal intermodale per le merci di Horonda, cittadina ucraina alla frontiera con Slovacchia e Ungheria.
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