Il segnale è arrivato da Napoli. La chiusura delle scuole campane decisa dal governatore Vincenzo De Luca senza concordarla con il ministro Lucia Azzolina ha segnato il momento della svolta: fine dei tentennamenti nella maggioranza, il Pd prende in mano la situazione. Azzolina ha reagito stizzita, ha detto che i ragazzi fuori da scuola non restavano a casa ma giravano per strade e centri commerciali che non sono poi molto più sicuri delle aule. Ma ormai il dado era stato tratto. E De Luca, dicendo “basta alle mezze misure”, era andato anche oltre, preannunciando per i prossimi giorni quel coprifuoco (“per Halloween tutto chiuso alle 22”) che presto sarà esteso a tutta Italia.
Il ministro della salute Roberto Speranza, che non è un Pd ma un bersanian-dalemiano, ieri pomeriggio era ancora titubante sulle misure da prendere. Attorno a lui i medici di base invitavano la gente a stare a casa in una sorta di auto-lockdown, i governatori abbassavano le saracinesche (oltre a De Luca, il lombardo Attilio Fontana ha imposto il coprifuoco ai locali, la didattica a distanza alle scuole e lo stop agli sport dilettantistici), il consulente Walter Ricciardi ammetteva che il tracciamento non stava funzionando (doveva essere l’arma più potente contro la seconda ondata), i numeri facevano segnare un’ulteriore impennata sopra i 10mila positivi e i Paesi europei tornavano a superare gli Usa nel computo dei contagi. Il mondo crollava attorno a lui, eppure Speranza era incerto in attesa del vaticinio del Comitato tecnico-scientifico: “Leggo un’abbondanza di indiscrezioni, ma noi siamo qui e analizziamo tutti i dati e ci confrontiamo con le regioni”, ha detto mentre visitava un ospedale in Emilia. “Nessuna decisione è stata presa. Ci sono istituzioni, scienziati, che stanno lavorando. Facciamo le cose per bene”.
Ma il Pd ha premuto sull’acceleratore, stanco dell’irresolutezza di Speranza e soprattutto delle incertezze di Giuseppe Conte. Il cambio di atteggiamento del premier è netto in questa seconda fase: mentre nella prima ondata del coronavirus andava ogni sera in tv presentandosi come il salvatore della patria, ora invece manda avanti gli altri. Decidano le regioni. Oppure fa lo scaricabarile sugli italiani: se si arriverà al secondo lockdown, ha detto dell’altro giorno, non sarà colpa del governo impreparato a tutto, ma dei cittadini irresponsabili.
Così il Pd ha impugnato la situazione. Nicola Zingaretti ha difeso De Luca, Francesco Boccia ha attaccato le regioni (ormai in maggioranza in mano al centrodestra) e Dario Franceschini, uno dei ministri più vicini al Quirinale oltre che capodelegazione del Pd al governo, ha imposto a Conte un vertice per decidere nuove misure. Il summit si è riunito dopo cena. Secondo le prime anticipazioni, pare che il governo sia orientato a introdurre il coprifuoco alle 22 con chiusura di tutti i locali pubblici e una serrata di attività come palestre, parrucchieri, estetiste, cinema e teatri nelle regioni più a rischio. Chiusure selettive, non più un lockdown generalizzato. Conte parla di “strategia diversa” anche per smentire le critiche sempre più pesanti – e non solo dai settori di opposizione – per le quali Palazzo Chigi sta affrontando la seconda ondata con gli stessi strumenti della prima.
Ma sul tavolo del governo non c’erano soltanto le nuove misure contro il Covid. C’era soprattutto la manovra di bilancio. E tra le pieghe è spuntata anche l’ipotesi di un rimpasto nell’esecutivo. Se ci dev’essere una “strategia diversa”, se bisogna dare una sterzata, essa si deve riflettere anche sulla struttura del governo: è questo il pressing che viene dal Pd per cogliere il momento e rafforzare la propria presenza in un esecutivo sempre più debole e sfilacciato.