Lunedì il Governo italiano ha pubblicato un comunicato stampa sul “forte recupero” del Pil del 2021; ieri il rendimento del decennale italiano sfondava la quota di 1,4%, ai massimi dalla primavera del 2020. L’incremento dei rendimenti del decennale italiano è avvenuto in ottima compagnia; lo spread con il Bund però è salito. Solo lunedì Standard & Poor’s pubblicava una piccola nota in cui spiegava che l’elezione di Mattarella avrebbe permesso al Governo di Draghi di concentrarsi sulle riforme. La nota continuava con la previsione di una crescita del Pil per il 2022 del 4,7% e una riduzione del deficit su Pil dall’8,8% del 2021 al 5,8%; anche se una crescita inferiore o una normalizzazione fiscale più lenta rimangono “rischi per la sostenibilità del debito”. 



L’indice Pmi italiano (una misura della fiducia delle imprese), uscito ieri, a gennaio è sceso a 58,3 da 62 di dicembre contro attese superiori. Non è l’unica spia rossa uscita negli ultimi giorni; per esempio, in Germania le vendite retail a dicembre sono scese del 5,5% rispetto al mese precedente contro attese di un calo dell’1,4%. La crisi energetica e l’inflazione più alta degli ultimi 40 anni sono due problemi veri che avranno impatti seri sull’economia. La crisi energetica, qualunque cosa si pensi in merito alla sua origine e alla sua soluzione, sta fermando imprese e fabbriche di molti settori produttivi. Per un Paese manifatturiero come l’Italia che non ha risorse proprie è un problema grave; il turismo deve affrontare green pass, quarantene e obblighi vaccinali che hanno un effetto negativo sia sui turisti italiani che su quelli stranieri. L’inflazione, dato che i salari non crescono, colpisce i redditi e quindi i consumi e alla fine, ovviamente, l’economia.



È lecito nutrire qualche dubbio sulle stime di crescita di questi giorni e il Pil del 2021 è una fotografia che non coglie il deterioramento degli ultimi mesi del 2021, sia perché l’inflazione è esplosa solo nell’ultima parte dell’anno, sia perché molte imprese hanno resistito scommettendo su una normalizzazione dei costi energetici che per ora non c’è stata. Le riforme del fisco, della giustizia piuttosto che della burocrazia possono avere effetti positivi, ma sono “facili” sia politicamente che nell’esecuzione rispetto al problema della bolletta energetica o alla difesa degli interessi delle imprese italiane in uno scenario internazionale che è caratterizzato da competizione estrema e istinto di sopravvivenza.



Il “Pil” non è una misura che coglie completamente e perfettamente lo stato di salute dell’economia. La spesa pubblica, per esempio, anche quella improduttiva, lo gonfia, ma avere un fabbrica nuova o 100 redditi di cittadinanza in più non è la stessa cosa. L’Italia è il secondo Paese d’Europa, dopo la Spagna, che ha fatto più deficit dall’inizio della crisi. Anche nel 2021 l’Italia, in termini di deficit, è stata tra i peggiori in Europa.

La fine della pandemia e, soprattutto, delle restrizioni in molti Paesi europei fanno venire meno sia agli occhi degli investitori che di Bruxelles l’esigenza di politiche fiscali così espansive. Se l’emergenza sanitaria viene meno allora vengono meno anche le ragioni che giustificano deficit a doppia cifra. L’esplosione dell’inflazione è un’ulteriore spinta a invertire la rotta; chi ha meno debito fa più fatica a giustificare anche politicamente rispetto ai propri cittadini l’inazione per un fenomeno che colpisce i redditi. Anche le banche centrali, e in particolare la Fed, sono sotto pressione per “fare qualcosa” mentre rischiano di arrivare dati sull’inflazione problematici.

L’Italia ha tanto debito, ha potuto resistere a due anni di restrizioni dure anche grazie a politiche fiscali molto generose e bonus di ogni ordine e grado. Non siamo più però in uno scenario di emergenza sanitaria globale e di deflazione. Molto è cambiato. Le tensioni internazionali con gli impatti sulle catene di fornitura e i flussi di beni non fanno bene alla crescita internazionale. 

Adesso per il Governo arriva la parte difficile in cui bisogna risolvere problemi complicati. Questo mentre la pressione dei mercati e dell’Europa aumenta. Se si inceppa o si inverte il percorso di crescita per tutti e in particolare per l’Italia, alle prese con una situazione geopolitica ed energetica sfidante, continuare con i deficit, che hanno lenito l’impatto sociale delle restrizioni e dell’inflazione, sarà difficile.

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