Puglia e Toscana erano realmente partite incerte. “Tutti i sondaggi fino a venerdì davano Puglia e Toscana in gioco. Poi è successo qualcosa tra venerdì e domenica” dice Daniel Fishman, scrittore e comunicatore, titolare, con Fabrizio Masia, dell’agenzia Consenso. E ancora: “Zingaretti e Salvini hanno ragione entrambi. I risultati si possono prendere da vari punti di vista. Si può calcolare la somma dei risultati nelle regioni, si possono valutare le aspettative politiche della vigilia. Ma nessuno può dire di avere portato del tutto a casa quello che voleva”.
Consenso ha seguito diverse campagne in questo Election Day. Ecco il punto di vista di Fishman.
“In sintesi, lei mi chiede? C’è stata una forte crescita di FdI, evidente da tutte le parti, la Lega è in calo rispetto agli ultimi andamenti, ma è in crescita rispetto a quello che era 5 anni fa”.
Non crede che FdI abbia sbagliato il candidato in Puglia?
Gli accordi sono avvenuti su base nazionale, sulla base di equilibri politici nel merito dei quali non entro. Fitto era il migliore, ma anche l’unico possibile candidato del centro destra in Puglia.
Resta il dato politico. Chi perde ha sbagliato candidato.
Oggi è tutto molto più difficile e incerto. Direi così: può vincere un candidato scarsissimo, intendo sulla base delle mie e delle sue convinzioni, e perdere uno che è bravissimo.
Perché avviene questo?
Perché siamo in tempi di populismo, di scarso approfondimento dei programmi e delle proposte politiche. Vale per tutti, non voglio attribuirlo a un candidato o a una regione. Il tema vero è che buona parte degli elettori decide tra venerdì e domenica.
Sulla base di quali criteri?
Nessuna grande motivazione ideale o ideologica, solo infatuazioni leggere, motivazioni sempre più labili.
Vuol dire “chi mi sta più simpatico”?
Sì. Ci piacerebbe che la decisione derivasse da una valutazione attenta di ogni cosa, ma non è così.
In che percentuale è come dice?
Senza dubbio crescente. Poi bisogna tenere conto delle attenuanti.
Cioè?
È stata una campagna elettorale estiva e con il Covid in circolazione. Vuol dire una difficoltà oggettiva nel far valere le proprie ragioni.
Quali piazze dovremmo ricordare?
Una su tutte, quella di chiusura della campagna elettorale di Marco Panieri (centrosinistra, ndr), nuovo sindaco di Imola. Un pubblico di proporzioni regionali, non cittadine. E poi alcune piazze al Sud, dove l’effetto Covid è molto meno percepito. Al Nord è stato diverso, più difficile.
Il partito che ha più futuro?
Farei un discorso più generale. Secondo me non abbiamo ancora raggiunto un equilibrio nei rispettivi schieramenti, intendo coalizioni forti, coese, con chiara identità, sia a destra che a sinistra. Mi sembrano tutti in una fase di transizione.
I candidati scelti dai partiti hanno intercettato la domanda degli elettori?
In questa tornata elettorale, ma è una situazione comune a tutto il mondo, è stato premiato chi è al governo. In tempo di guerra il generale non si cambia. Chi voleva cambiarlo aveva davanti una sfida difficile, doveva spiegare bene il perché. Cambiare tanto per cambiare? si saranno chiesti in molti.
Come commenta il risultato di Zaia in Veneto?
Anche chi è di sinistra deve avergli riconosciuto di aver governato bene. Ma si vince anche per mancanza di avversari.
Che cosa intende?
In Veneto il centrosinistra non ha creduto possibile competere. Di conseguenza non ha fatto campagna elettorale e ha candidato un vicesindaco (Lorenzoni, ndr). Candidare un vice di una qualsiasi cosa è perdente.
Salvini ha creduto possibile competere, sia in Emilia-Romagna che in Toscana. Ma non è andata bene.
Sono state due sfide molto diverse. Comunque Bonaccini non è Giani… Bonaccini è andato da Giani a dargli suggerimenti. Viceversa non è avvenuto. Rossi non ha mai pensato di dover andare in Emilia a suggerire a Bonaccini che cosa fare e dire.
Ceccardi e Borgonzoni hanno superato entrambe il 40%. Come valuta quei due risultati?
Sono risultati di grande rilievo, ma se vuoi rovesciare una situazione di oggettiva inferiorità numerica elettorale, la tua proposta dev’essere spiazzante rispetto al quadro costituito. La Ceccardi è riuscita a dare l’idea che la partita fosse aperta e contendibile.
Qual è la forza di Emiliano?
Essere un leader populista. Nel suo caso il populismo ha pagato.
Quella di De Luca?
È un ottimo governatore. A dicembre ero a Salerno. La città era sia vivace che ordinata. Le indicazioni per i turisti molto chiare, le strade pulite. Se governi bene, ti viene riconosciuto. Anche dagli avversari.
La forza di Giani?
Chi gli sta dietro.
E di Toti?
La debolezza di Sansa e della sua proposta in termini di alternativa di governo credibile. Se da una vita fai il giornalista di denuncia è difficile attribuirti delle capacità di buon amministratore in soli due mesi di campagna elettorale.
Toti però è l’unico ad avere sconfitto la coalizione di governo.
Perché l’alternativa non si è dimostrata credibile. Non è colpa di Sansa, piuttosto la sua era una candidatura raffazzonata, decisa all’ultimo momento dopo quattro mesi di litigate inconcludenti. E poi in tempo di guerra non si cambia il generale.
Tranne che nelle Marche.
Lì la spiegazione è un’altra, la storia ha fatto il suo corso e si è arrivati al punto di rottura. Peraltro Mangialardi ha avuto più voti di Ceriscioli nel 2015.
Puglia e Toscana erano realmente partite incerte?
Sì, lo erano. Tutti i sondaggi fino a venerdì davano Puglia e Toscana in gioco. Poi c’è stato uno strappo finale tra venerdì e domenica.
Cosa significa uno strappo finale?
Vuol dire che sono successe cose capaci di spostare in brevissimo tempo il consenso.
Allora non si sono sbagliati i sondaggisti, è realmente successo qualcosa.
Sì. I sondaggi erano veritieri, ben fatti. La candidata dei 5 Stelle in Puglia era forse la migliore che il Movimento abbia espresso in questi anni alle regionali. Aveva degli ottimi dati, un trend in crescita fino a venerdì. Poi credo sia arrivata una telefonata da Roma…
L’elettorato 5 Stelle per chi ha votato?
Non è necessario che lo dica io, lo dice bene l’Istituto Cattaneo e tutti quelli che come loro hanno analizzato i flussi elettorali.
M5s va sparendo?
M5s non nasce su base ideologica ma per interpretare alcune esigenze della società. È così per tutti. Se rispondi a queste istanze, bene, se non rispondi o le disattendi, gli elettori passano ad altro.
(Federico Ferraù)