L’altro giorno la conferenza stampa di Mario Draghi ha tolto i dubbi residui: ormai Roberto Speranza è un ministro dimezzato, come il Visconte di Italo Calvino, se non commissariato. Il punto stampa è stato breve, secco, venato di imbarazzo da parte del ministro presente a fianco del premier. Il presidente del Consiglio ha ammesso “che indubbiamente negli ultimi giorni c’è stata una certa confusione” sulla campagna vaccinale. Dunque l’appuntamento era stato reso necessario dall’esigenza di fare chiarezza. Non si è parlato d’altro se non di vaccini, seconde dosi, mix immunizzante, classi di età da mettere in sicurezza. Tutti temi di cui avrebbe dovuto occuparsi il ministro, perché è totalmente competenza sua.



Invece è sceso in campo il premier per dare messaggi precisi. Come a suo tempo aveva difeso AstraZeneca, così ora Draghi ha promosso la vaccinazione eterologa spiegando che lui stesso avrà una seconda dose diversa dalla prima, che non aveva dato una grande risposta come numero di anticorpi. Ma il capo del governo ha poi detto chiaramente che chi non vuole l’eterologa è libero di farlo, purché munito di parere medico e di consenso informato. “Informato bene”, ha sottolineato. Questa libertà vaccinale è una novità che Speranza aveva sempre negato e che Draghi ha sottolineato: “Una libertà preclusa fino a pochi giorni fa”.



Con una comunicazione stringata, quasi seccato di dover essere lui a mettere una pezza alla confusione creata da Speranza, Draghi dunque ha rimesso in moto la campagna vaccinale. Era infatti la campagna in sé a rischio, non tanto le scorte di AstraZeneca. Senza l’intervento di Draghi, il caos sarebbe degenerato. Speranza infatti dapprima aveva fatto sospendere le vaccinazioni con il farmaco anglosvedese e poi aveva imposto il mix vaccinale per tutti senza il pronunciamento né dell’Ema né dell’Aifa. Ora invece chi vuole il mix può farlo e altrettanto chi preferisce rifiutarlo. Una libertà che non dovrebbe frenare, ma accelerare la campagna.



Speranza ha accusato il colpo, al punto che quando Draghi gli ha ceduto la parola il ministro ha brevemente parlato dell’ordinanza da lui firmata che porta tutta Italia in zona bianca, per poi ripetere quanto appena detto dal premier. Il quale poi, sollecitato dai giornalisti, ha rivelato che l’indomani (cioè ieri) avrebbe chiesto al Comitato tecnico-scientifico un parere sull’eliminazione della mascherina, già sparita da mezza Europa. Con un filo di perfidia, Draghi ha specificato che avrebbe inoltrato la richiesta di parere “tramite il ministro Speranza”, cioè colui che vorrebbe mantenere le mascherine a oltranza. E che ha atteso a lungo prima di vaccinarsi: il titolare della Salute ha ricevuto la prima dose (Pfizer) solo pochi giorni fa, e non l’ha fatto – come Draghi – mettendosi in coda come la gran parte dei concittadini, ma dal suo medico di famiglia. Perfino Walter Ricciardi, consulente principe con il governo Conte, ha preso in giro i timori del ministro: “Speranza non vaccinato? Non lo sapevo. Sto andando giusto da lui, cercherò di convincerlo”, ha detto pochi giorni fa.

È chiaro che il premier non può liberarsi di Speranza, anche se manifesta insofferenza verso la sua gestione dell’emergenza sanitaria. Il ministro è l’unico rappresentante nel governo di Leu ed è uno dei garanti dell’accordo tra la sinistra e i 5 Stelle. Il presidente del Consiglio non ha il potere di dimissionare i ministri e Draghi non ha alcuna intenzione di destabilizzare la maggioranza di unità nazionale che lo sostiene. Ma ha preso in mano la situazione e fatto capire che d’ora in poi Speranza dovrà limitarsi a prendere ordini.

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