Ritornano a rimbalzare sui quotidiani indiscrezioni sui possibili nuovi vertici della Rai. Come sempre succede, ci sono molte autocandidature, specie tra gli interni, e poi un po’ di nomi fatti dai partiti giusto per posizionarsi. I 5 stelle sostengono di nuovo Milena Gabanelli, giusto per riprendersi un po’ dell’immagine anti-casta, considerata la vis barricadiera dell’unica (forse) giornalista d’inchiesta rimasta in Italia.
Il vostro vecchio Yoda non crede neanche per un attimo che l’ottima Milena voglia andare a sedersi su una poltrona dalla quale non si può manovrare nessuna leva di comando, oltre a dover gestire un CdA necessariamente frastagliato, e fare il parafulmine come Presidente di garanzia (nessuno ha ancora capito cosa voglia dire realmente). A meno che, vista la convergenza di Letta sul suo nome nell’intento di rinsaldare l’alleanza con i grillini, non si faccia tentare dall’idea (ripetiamolo, poi irrealizzabile nei fatti) di poter comandare veramente. Sul fronte politico, dove l’ipocrisia regna sovrana: “via i partiti dalla Rai”, strillano i segretari dei partiti stessi… e poi sono tutti scatenati a contendersi l’osso del servizio pubblico.
Altrettanto improbabile la candidatura di de Bortoli, certamente più pacato e diplomatico della Gabanelli, ma per nulla interessato a governare per finta una gabbia di matti, dove come fai sbagli, e in cui il Presidente oramai non guadagna granché, e comunque non in proporzione alla responsabilità e alle rotture di scatole.
Per la carica di Amministratore delegato, tra gli interni segnalati dai giornali ci sono un paio di veri competenti e un paio di incredibili galleggianti entrati in Rai su sponsorizzazione politica, buoni a nulla ma capaci di tutto, specie nell’accontentare i loro danti causa. A questo proposito si fa da sempre nei corridoi il nome di Casini, e non solo per la Rai. E quindi Yoda si chiede a quale titolo il pupillo di Forlani di un tempo dovrebbe poter avere ancora così tanta influenza. Mistero.
La questione è ulteriormente complicata dal bilancio assai mal messo, e dal fatto che tutti i tentativi di riforma dell’informazione sono andati buchi. C’è anche un’altra questione: gli appetiti dei partiti non riguardano solo l’informazione, ma il corposo indotto delle fiction e delle produzioni, che concerne in maggioranza società che gravitano nell’area Pd. Lo si è capito dagli strilli e dalle proteste di Zingaretti contro la decisione del CdA della Rai, in zona Cesarini, di spostare finalmente nei nuovi palazzi della vecchia Fiera al Portello il Centro di Produzione di Milano – da tempo ospitato in costosi e scomodi capannoni in affitto in via Mecenate. È evidente che la nuova sistemazione comporterà una rinascita del Centro, com’è giusto che avvenga a Milano, con l’aspirazione a farne un fulcro creativo/produttivo come lo fu, e gloriosamente, ai tempi della Sala 1 della Fiera: che erano i tempi di Lascia o raddoppia, Rischiatutto, Settevoci, Portobello, Quelli della domenica. Era ovvio che la precarietà dello spostamento in via Mecenate favorisse, per un fenomeno del tutto naturale, lo spostamento di molto indotto verso Roma. Che ora vede il doveroso riequilibrio come il fumo negli occhi, e scatena contro la decisione oramai presa la richiesta ai propri referenti politici di bloccarla.
Qualche quotidiano ha già riferito che i nuovi membri del CdA dovranno essere scelti anche in base alla volontà di far rientrare questa scelta. E così, più si aggiungono parametri negli identikit, più la faccenda si ingarbuglia.
Sicuramente Draghi preferirebbe non affrontare questo ginepraio, e per il momento temporeggia, come dimostra il rinvio dell’assemblea dei soci al 12 giugno. Auguri, Presidente.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.