Come incomincia ad essere abbastanza chiaro alla stragrande maggioranza degli osservatori, la prossima partita che sta animando i palazzi della politica è quella di un ricco pacchetto di nomine – circa 400 – che il governo Draghi deve fare entro maggio. Quelle più importanti riguardano i vertici di Cassa depositi e prestiti, di Ferrovie dello Stato e – last but not least – della Rai.



Draghi ha chiaramente fatto capire che non intende negoziare con i partiti i vertici di Cdp. La cassaforte del Paese deve necessariamente stare in mani sicure e di piena fiducia del governo (Draghi) e dell’Europa (Bce). L’attuale amministratore delegato Fabrizio Palermo, che ha svolto un ottimo lavoro, apprezzato sia dal mondo economico che da quello politico, potrebbe essere riconfermato: nel caso di un cambio di rotta, il sostituto designato è Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei e da anni figura di primo piano nel mondo della finanza europea. Mentre sembra avviato verso la riconferma nel ruolo di presidente Gorno Tempini.



In Ferrovie dello Stato, da tempo – cioè dalla trattativa per il nuovo governo – si preannuncia il rientro di Renato Mazzoncini. La rinuncia da parte di Renzi a rivendicare ruoli più importanti nel governo per Italia viva è stata motivata con la richiesta perentoria di riportare l’ex amministratore al suo posto. Mazzoncini, attualmente amministratore delegato di A2A, era infatti stato sostituito con un atto di forza da parte del governo Conte 1, che aveva preferito promuovere nel ruolo Gianfranco Battisti.

Molto più complessa, come sempre, la situazione per quanto riguarda la Rai. Intanto perché le norme ancora in vigore impongono un percorso in cui è indispensabile un consenso molto ampio e il voto di 2/3 dei membri della Vigilanza sul candidato presidente. In altre parole è difficile raggiungere un accordo in assenza di un quadro chiaro che comprenda anche l’assegnazione di tutte le principali funzioni di direzione (comprese quindi le direzioni di rete e delle testate giornalistiche). E poi, a dispetto di quanto si sostiene in pubblico, ogni leader politico guarda con molto interesse alla conquista di posti di rilievo nell’azienda pubblica che domina l’informazione.



Draghi è cosciente delle complicazioni che può ricevere da una cattiva gestione di questa partita. Per questo ha preferito affidare il dossier nelle mani di un politico attento come Giorgetti, con l’obiettivo preciso di trovare un accordo in sede politica, ma anche con la speranza di contenere le aspettative di Matteo Salvini. Quello che fa un certo scalpore è la scelta di togliere la questione dalle mani del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, su cui si stanno addensando non poche nubi per i suoi eccessi di protagonismo e gli slanci da “manovriero”.

Il Pd non nasconde l’aspirazione di riprendersi il posto dell’amministratore delegato della Rai. Archiviata la fallimentare gestione di Salini (la cui nomina tre anni fu sponsorizzata dal Movimento 5 Stelle), Letta punta ad indicare una donna per quel ruolo. Intanto perché dispone di una candidata di tutto rispetto come quella di Tinni Andreatta, figlia di Beniamino, il mentore dell’attuale segretario Pd, e attuale amministratore delegato di Netflix Italia. Ma è proprio il suo ruolo tra le file della concorrenza – tra l’altro con uno stipendio quattro volte superiore a quello che percepiva in Rai – che potrebbe creare qualche ostacolo al rientro in azienda dell’ex responsabile di Rai Fiction.

A quel punto Letta avrebbe la possibilità di giocare qualche carta di riserva pescando tra le “senatrici” della Rai, come Monica Maggioni, Lucia Annunziata, Giovanna Botteri, che spingono da tempo per riprendere un ruolo di primo piano in azienda.

Il segretario del Pd deve però trovare una collocazione diversa al direttore generale Alberto Matassino, suo uomo di riferimento in questi anni di esilio parigino, che dovrebbe inevitabilmente lasciare il ruolo apicale per un posto di presidente in una delle consociate del gruppo.

Le cose non sono così semplici come sembrano e dal fronte del centrodestra si affrettano a far sapere che non hanno nessuna intenzione di restare a guardare. Forza Italia vorrà dire la sua, disponendo di ministri di peso. Ma soprattutto resta da vedere se Salvini sarà disposto ad accettare in Rai un ruolo marginale e a rinunciare ad avanzare una propria candidatura.

In ogni caso il tema di quante saranno le donne che verranno indicate tra le prossime nomine agita non poco il sonno di Draghi e dei capi di partito, e facendo due conti è facile immaginare che la partita Rai è riservata a sole candidature femminili.

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