Intervistato dal Mattino di Napoli, Silvio Berlusconi lascia cadere una di quelle affermazioni che potrebbero ribaltare il quadro della politica italiana. Mario Draghi, dice il Cav, è “l’uomo giusto per un incarico di alta responsabilità in Italia”. Draghi, il numero uno della Banca centrale europea, l’ex governatore della Banca d’Italia, il banchiere centrale portato a Francoforte dallo stesso Silvio quand’era premier, l’uomo che di fatto ha salvato le finanze italiane dal crac con il suo “quantitative easing” tanto provvidenziale per Roma quanto inviso a Berlino.



“L’ho anche detto in passato, senza consultarlo; lo ribadisco oggi e spero che possa succedere”, ha specificato il Cavaliere a proposito della sua preferenza per Draghi. E ha aggiunto: “Ma un governo tecnico è fuori discussione: il prossimo governo dev’essere scelto dagli italiani”. È una sottolineatura forse più importante del precedente annuncio, quello di voler puntare sul presidente della Bce. L’ipotesi di Draghi non è appena quella – minimale e pure un tantino squalificante – di utilizzarlo come soluzione di emergenza nel caso in cui il governo grilloleghista dovesse tracollare dopo il voto europeo. Secondo Berlusconi, Draghi dovrebbe essere “scelto dagli italiani”. Quindi, si dovrebbe andare dapprima a elezioni anticipate, e poi costituire una “cosa” politica in grado di imporre l’ex governatore come premier più adeguato ma anche più votato.



L’uscita di Berlusconi potrebbe sembrare un “bacio della morte”, un modo per bruciare una candidatura. Perché è così che si fa quando si vuole togliere di mezzo un competitor: si getta il suo nome in pasto alle polemiche politiche in attesa che venga spolpato dalle liti, come farebbero i piranha con un pezzo di carne buttato in acqua. Ma a ben guardare non è così. La mossa del Cavaliere svela il crescente nervosismo di Forza Italia verso la Lega: nel giorno in cui Matteo Salvini a Milano salda l’accordo con i movimenti sovranisti e antieuropei, ponendosi in netta alternativa alla scelta moderata degli azzurri di radicarsi nell’alveo del Ppe, Berlusconi avanza la candidatura del più europeista degli italiani, colui che è riuscito a difendere sia l’euro sia le finanze nazionali negli anni più difficili per la nostra economia.



Ma il nome di Draghi è un amo che il leader degli azzurri lancia soprattutto verso altre forze politiche. È un’esca per il Partito democratico, che con Nicola Zingaretti ha sterzato a sinistra ma potrebbe tornare sui suoi passi davanti a una candidatura così autorevole. E soprattutto è una sfida ai 5 Stelle, che da iniziali posizioni antieuropee oggi si posizionano stabilmente tra i paladini dell’Ue, dell’euro e della coesione tra Paesi.

Per diventare premier “eletto dagli italiani”, Draghi ha bisogno di una specie di nuovo “fronte popolare” il quale perderebbe la marcata connotazione di sinistra che ebbe nel secondo dopoguerra, ma manterrebbe il carattere di uno schieramento alternativo alle forze reazionarie, che oggi naturalmente sono impersonate dal sovranismo di Salvini, e in subordine di Giorgia Meloni. Un “eurofronte”, insomma; una coalizione europeista e antileghista. Un’utopia, allo stato attuale delle vicende politiche di casa nostra. Ma anche una prospettiva che ha bisogno di tempo per essere costruita e che il Cavaliere ha messo in campo per darle possibilità concrete di essere perseguita.

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