Il trucco leggero, l’abito bianco, il capello liscio, la lacrima al ricordo di quando i suoi odiatori le augurarono di abortire: ieri pomeriggio una Giorgia Meloni nella sua versione più rassicurante ha conquistato le telecamere di Verissimo sul berlusconiano Canale 5. L’occasione era il lancio del libro autobiografico Io sono Giorgia, un volume che sta per uscire da Rizzoli con il racconto della vita e delle ambizioni della leader di Fratelli d’Italia. L’uscita è studiata con cura e avviene nel momento in cui la Meloni è la leader dell’opposizione al governo Draghi e sta capitalizzando la rendita che questa situazione le offre.



Giorgia la combattente, Giorgia la patriota, Giorgia la scrittrice, Giorgia la vera custode della democrazia perché senza un’opposizione – la sua – la maggioranza diventa dittatura. Non c’è che dire, è il momento della Meloni, come confermano i sondaggi. È tenace, schietta, ed è una donna: quanta invidia nel Pd che predica di parità e non riesce a delegare un minimo di potere a una rappresentante femminile. E infatti, a sinistra, guai a toccare la Meloni. Su Matteo Salvini (il vero avversario pericoloso) e su Silvio Berlusconi c’è e c’era libertà di insulto, con Giorgia no. Lei è la destra ideale, quella che la sinistra vorrebbe: identitaria, nazionalista, tutta d’un pezzo, coerente. E soprattutto innocua.



La linea di Fratelli d’Italia sarà anche destinata a salire nei sondaggi ma è innocua, non porta il centrodestra a vincere. Sicuramente ottiene un potere d’interdizione e rappresenta un blocco sociale importante, tuttavia la marcia della Meloni verso la leadership dello schieramento moderato non garantisce il successo elettorale. Il suo partito è come i 5 Stelle degli inizi: interessati a costituire un ostacolo permanente più che a diventare una forza di governo, al punto che quando vi sono arrivati si sono presentati totalmente impreparati. Su un campo di calcio, la squadra della Meloni gioca per rompere gli schemi dell’avversario e non imporre i propri.



È un pressing che vale anche per gli alleati, come si vede nella partita per le candidature alle amministrative. A Milano FdI ha bloccato Gabriele Albertini, messo da parte (almeno per ora) benché i sondaggi lo considerino ancora il favorito per la poltrona di sindaco. A Roma la destra sta tentando di ripetere l’errore del 2016, quando fu la stessa Meloni a candidarsi spaccando il centrodestra e ottenendo poco più del 20%: una percentuale che non le consentì nemmeno di arrivare al ballottaggio contro Virginia Raggi. Ora Giorgia si batte per Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera di FdI e suo cognato. Non è difficile immaginare un esito analogo a 5 anni fa: una polarizzazione per compattare la “destra-destra” incapace di attirare i voti dei moderati. E pure a Napoli il gioco di interdizione si oppone a un nome uscito dalla società civile come il pm Catello Maresca e punta sull’avvocato Sergio Rastrelli, di tradizione famigliare fascista.

È un gioco che fa comodo al centrosinistra lettiano di tendenza grillina, che si guarda bene dal prendere di mira direttamente la Meloni (che sta all’opposizione, quindi dall’altra parte della barricata) mentre non si fa problemi ad attaccare la Lega (e all’occorrenza Forza Italia) nonostante siano alleati di governo. Fratelli d’Italia è dunque la destra che la sinistra vuole perché nelle urne farebbe la fortuna della sinistra. D’altra parte, la crescita nei sondaggi non segnala uno spostamento di voti da altri schieramenti, ma un riposizionamento all’interno del centrodestra. Fratelli d’Italia va a prendere i nuovi voti da Lega e Forza Italia, non da altri partiti. Mercoledì, quando si riunirà il tavolo del centrodestra per esaminare le candidature, si vedrà se Giorgia Meloni insisterà a battere i pugni o se l’interdizione di queste settimane è solo una strategia per posizionarsi al meglio nella trattativa.

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