L’emergenza coronavirus continua a rappresentare un’incognita per gli effetti che l’epidemia potrà avere sull’economia. Luigi Di Maio ha annunciato lo stanziamento di 300 milioni di euro per sostenere l’export italiano, ma tra i settori più colpiti rischia di esserci il turismo. Resta poi da capire se i messaggi arrivati da Pechino a Roma con l’invito a non adottare “misure eccessive”, dopo l’irritazione per lo stop ai voli diretti tra Italia e Cina, possano avere delle conseguenze visto il Memorandum of understanding sulla Via della Seta firmato, con grande attivismo dello stesso attuale ministro degli Esteri, lo scorso anno. Cosa potrà quindi accadere a livello economico e politico? «A me pare che questa emergenza stia portando alla luce un atteggiamento davvero incomprensibile da parte di Nazione Unite e Unione europea», ci tiene a sottolineare come prima cosa Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
A che cosa si riferisce Professore?
Le Nazioni Unite, che discutono di temi anche meno importanti, non hanno detto nulla, non hanno convocato riunioni su un’epidemia che ha visto casi registrati in diverse parti del mondo e che potrebbe colpire in maniera più dura i Paesi meno avanzati. E anche il silenzio dell’Unione europea è impressionante: dovrebbe quanto meno occuparsi dei propri confini. A che serve bloccare i voli diretti dalla Cina in Italia se in altri Paesi restano attivi e c’è poi libertà di movimento all’interno dell’Ue? Cosa si intende fare poi a livello doganale su merci e prodotti provenienti dalla Cina? Bruxelles non ha detto ancora nulla.
Un anno fa l’Italia ha firmato un accordo con la Cina, oggi Roma fa irritare Pechino: tutto questo avrà delle conseguenze?
Indubbiamente i 5 Stelle avevano un rapporto particolare con la Cina, ma ora tutto questo sembra sepolto. Ho la sensazione però che questo “litigio” sia finto e serva per poter continuare comunque ad avere quel rapporto privilegiato. È evidente infatti che oggi chi fa un accordo con la Cina avrebbe solo da perderci, perché Pechino viene ritenuta inaffidabile agli occhi dell’opinione pubblica. Siamo quindi a una svolta che cambierà i rapporti.
Passata l’emergenza non potranno quindi essere più come prima?
Potranno proseguire, ma in altro modo. La normalità non potrà essere quella di prima, anche perché bisognerà vedere come lo stesso modello cinese di contaminazione tra capitalismo e dittatura uscirà da questa vicenda. La Cina deve capire che se vuole essere una potenza mondiale non può essere un Paese totalitario governato da un partito con questi metodi ambigui.
Secondo lei, questa situazione rappresenterà un problema in più per il Governo?
No, anzi, ho l’impressione che questo Governo, che non ha un vero elemento di unità, lo abbia trovato proprio sul coronavirus. Non potendo discutere degli altri temi apertamente, perché diviso su tutto, l’esecutivo ha ora un argomento unitario che tra l’altro attrae l’opinione pubblica e che potrà giustificare un andamento dell’economia non positivo. Tra l’altro essendo l’Unione europea in una fase caotica e priva di direzione c’è meno pressione sui conti pubblici. In questo modo di produzione industriale, ex Ilva e altre situazioni critiche per l’economia si può continuare a non discutere. Come pure di argomenti su cui la maggioranza è divisa o non sa cosa fare, come la riforma fiscale, delle pensioni o la revoca delle concessioni autostradali.
Resteranno i potenziali effetti negativi del coronavirus per l’economia…
Io penso che si potrebbero contrastare con delle giuste mosse. Per esempio, è vero che stiamo soffrendo una crisi di turismo con shopping cinese in Italia, ma non è affatto detto che i cinesi benestanti debbano rinunciare ai prodotti del made in Italy: basta attrezzarsi per un commercio on line. Inoltre, alcune merci cinesi possono essere sostituite da quelle di altri Paesi asiatici. Stesso discorso può valere per i decentramenti produttivi, che dalla Cina possono essere spostati altrove.
Non ci sono da temere “ritorsioni” da parte della Cina?
I cinesi sono esportatori netti: purtroppo per loro non sono in grado di mettere in atto ritorsioni, perché hanno bisogno di noi per esportare i loro prodotti. Non hanno nessuna arma, devono solo cercare di rimediare alla perdita di credibilità interna e internazionale. Certo potremmo perdere un po’ di mercato cinese, ma non sarebbe grande dramma.
Salvo che per i settori della moda e del lusso…
Certamente questi settori si ritrovano in difficoltà già ora, perché c’è già stato un taglio nelle stime di crescita del Pil cinese. Ma se hanno fantasia e capacità potranno contenere i danni. Avremo un periodo non facile perché i cambiamenti possono determinare dei problemi, ma chi sa essere più elastico può anche trarne vantaggio. In questo senso sono pessimista solo per la mancanza di elasticità del Governo: avremmo bisogno di persone più intelligenti e competenti per cogliere gli spazi per favorire la nostra economia.
(Lorenzo Torrisi)