Sulla scia della presidenza Ue, che ha annunciato una riunione urgente dei ministri sui costi dell’energia, si moltiplicano le voci di un imminente Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi per discutere la situazione e prendere qualche provvedimento. I costi ormai insostenibili per famiglie e imprese hanno fatto irruzione nei temi della campagna elettorale al Meeting di Rimini: ne hanno parlato i leader dei partiti e il presidente del Consiglio, Mario Draghi.
Da tempo il premier sostiene la necessità di un “price cup” europeo, un tetto al prezzo del gas: un limite sopra il quale le forniture non verranno acquistate. È evidente che solo un accordo unanime nell’Ue può portare ad adottare una misura simile, ma ci sono Paesi del Nord come l’Olanda e la Norvegia che stanno lucrando enormemente sulle speculazioni di queste settimane e perciò non hanno alcuna intenzione di rinunciare a parte di questi colossali guadagni.
Il problema è che, in attesa di questo tetto, cittadini e imprenditori annaspano nell’incapacità di sostenere tali costi imprevedibili. La campagna elettorale ha rallentato l’attività del governo, e c’è da chiedersi se in qualche modo la fine della legislatura non abbia anche tolto le castagne dal fuoco alla maggioranza di unità nazionale. Questo Consiglio dei ministri straordinario verrebbe convocato per un motivo semplice: gli effetti del decreto Aiuti bis sono pressoché impercettibili. Nonostante gli sgravi sulle accise della benzina e i 200 euro di bonus, i prezzi di energia e carburanti hanno continuato a galoppare come se niente fosse e i bilanci di famiglie e imprese a sprofondare.
Se i ministri si vedono a fine agosto in piena campagna elettorale, è perché sarebbe necessario varare ulteriori misure con assoluta urgenza. Si parla di interventi per complessivi 8 miliardi di euro nell’ultimo quadrimestre del 2022. Ma secondo le stime più prudenti servirebbe uno scostamento di bilancio – la Lega lo aveva chiesto mesi fa – di almeno 20 miliardi. E c’è chi ha calcolato che per superare l’inverno, a prezzi dell’energia attuali e se non cambia nulla sui mercati finanziari e negli scacchieri internazionali di crisi, serviranno tra 120 e 150 miliardi. Una crisi drammatica di cui pochi sembrano avere piena consapevolezza.
È chiaro che un intervento da 8 miliardi ha un solo significato: prendere (in realtà perdere) un altro po’ di tempo e scaricare sul prossimo governo il peso di affrontare questa situazione senza precedenti. A ottobre, quando s’insedierà il nuovo Parlamento, la situazione sarà – con tutta probabilità – ancora più grave. E la maggioranza uscita dalle urne si troverà di fronte allo stesso bivio che l’attuale governo sta cercando di non affrontare. Le due scelte possibili sono le stesse: o si decide un forte scostamento di bilancio, come si chiede da più parti (settore industriale compreso), ma andando così allo scontro diretto con l’Europa; oppure si prosegue con l’attuale politica dei piccoli stanziamenti, dei bonus e degli sconti sui carburanti. Ma in questo modo il nuovo governo si dimostrerà vecchio, perché affronterà l’emergenza allo stesso modo di chi l’ha preceduto (cioè di Draghi). E l’ex capo della Bce ne è perfettamente consapevole. Sarà il capitolo più spinoso del prossimo passaggio di consegne a Palazzo Chigi.
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