La legislatura continua. Il primo è più forte segnale lo danno Renzi e i suoi. Nel giorno della possibile crisi, con Salvini sotto schiaffo per i fatti di Russia e Conte nel solito ruolo di avvocato di se stesso in Parlamento, costretto a giustificare le mille contraddizioni di M5s (dalla Tav al mandato zero), i renziani bombardano “comme d’habitude” il quartier generale Pd ed il suo segretario Zingaretti, atteggiandosi a vittime di una presunta congiura che avrebbe impedito al Matteo giusto di esibirsi al Senato.
Cosa opinabile, ma soprattutto motivata dalla certezza che c’è il tempo necessario alla formazione di un soggetto politico fuori dal Pd nel quale i renziani non hanno più interesse a misurarsi perché certi dell’inevitabile epurazione dopo i casi Anzaldi e Faraone.
Renzi è tornato al corpo a corpo. Contro tutti. Contro Zingaretti che vuole cacciarlo dalla sinistra. Contro Calenda che vuole ipotecare il centro pro domo sua. Contro Salvini cui invidia persino il cognome Verdini, che oggi gli manca come il pane. E combatte da par suo, provando ad imbrattare oltre ogni immaginazione la sigla dei democratici, descritti dai suoi cantori professionali su Corriere e Repubblica come astiosi, assetati di potere, vecchi e comunisti.
Tutto già visto però. La legislatura continua. Lo impone l’ansia di legittimazione delle due forze politiche che hanno bisogno di arrivare al 2022, quando si eleggerà il successore di Mattarella. L’unico passaggio che permette di diventare parte dell’establishment della Repubblica. E lo impone Mattarella stesso, che sa che se eviterà nuove elezioni ma non necessariamente un nuovo governo, nel 2022 sarà rieletto con estrema facilità.