Il ribaltone dei giorni scorsi tra le seconde e terze file di Forza Italia ha riacceso l’interesse attorno a Forza Italia. Secondo i retroscenisti, tutto ruota attorno al presente e al futuro di Licia Ronzulli, quella che un tempo veniva sprezzantemente liquidata come la “badante del Cav” ma era arrivata a concentrare un forte potere tra gli azzurri. Il suo ridimensionamento (la Ronzulli resta capogruppo al Senato ma perde il ruolo di coordinatrice lombarda oltre che altre pedine a Montecitorio e nelle regioni) viene presentato come una vittoria di Marta Fascina, la “quasi moglie” di Silvio Berlusconi. Un episodio nella lunga guerra di successione al leader.
In realtà il caso Ronzulli è solo fumo negli occhi, un polverone destinato a coprire le vere manovre che sono in corso ai vertici veri di Forza Italia. Non si tratta di schermaglie tra ministri e capigruppo per conquistare i favori del Cav. Né Tajani né la Ronzulli né nessuno degli altri politici che oggi ambiscono a succedere a Berlusconi sarà il suo erede. E non succederà nemmeno, come taluni suggeriscono, che l’ex premier regalerà il partito – e la rappresentanza dei moderati – a Giorgia Meloni. No, il futuro del partito si giocherà negli ambienti in cui l’ex premier ha sempre preso le decisioni che contano: la famiglia e le sue aziende.
Il declino della Ronzulli si accompagna al ritorno di chi da sempre è più vicino all’anziano leader: da un lato Gianni Letta e Fedele Confalonieri, dall’altro i figli maggiori Marina e Piersilvio. Quello che questa “cabina di regia” immagina non è semplicemente un “restyling” azzurro in vista del passaggio di consegne, ma la creazione di un soggetto nuovo. Un contenitore politico che raccolga l’eredità di Forza Italia e al contempo rappresenti qualcosa di diverso dopo 30 anni. Un movimento che abbia gli stessi elementi che portarono alla vittoria il Berlusconi del 1993-94 e possa rianimare gli elettori moderati che costituiscono il grosso del crescente astensionismo italiano.
La cosa richiede tempo, perché vanno immaginati nuovi assetti sia in politica sia nelle aziende di famiglia. Perché l’erede politico di Silvio non può che essere l’erede naturale: la primogenita Marina. Una donna, un’imprenditrice di successo, una figura credibile e dotata di un profilo inattaccabile anche dai pettegolezzi. Sarà lei a prendere le redini della Forza Italia 2.0 (o come si chiamerà). L’obiettivo della cabina di regia che ha in mano questo passaggio è consolidare la sua immagine e al tempo stesso costruire la nuova narrazione da presentare agli elettori: una “donna del fare”, una novità nella continuità, una dimostrazione che nel centrodestra la Meloni non è l’unica donna con gli attributi.
Ci vuole tempo, ma l’obiettivo non richiede di procedere a tappe forzate. L’idea è che tutto sia pronto per la campagna elettorale del 2027. I segnali che nella famiglia Berlusconi si lavora a questo obiettivo non mancano. Il primo si chiama Il Giornale: il quotidiano era stato venduto agli Angelucci, ma il Cav ci ha ripensato e ha rilanciato chiedendo di tenersi il 30% delle quote. Angelucci non può accettare di prendersi i debiti e di lasciare il “giocattolo” in mano al Cavaliere: Nel disegno di Berlusconi, quando il nuovo soggetto politico sarà pronto, ci dovrà essere anche la potenza di fuoco mediatica per sostenerlo. Anche il Monza calcio (dal 2019 di proprietà Fininvest) fa parte di questa strategia, come lo fu l’irresistibile Milan di Berlusconi (e Sacchi) negli anni Novanta. Il Monza è sicuramente meno blasonato dei rossoneri, ma è radicato nello stesso territorio geografico di riferimento, cioè il profondo Nord imprenditoriale, e può rappresentare la nuova favola del calcio italiano. Nella sua prima avventura in Serie A è già saldamente a metà classifica, lontano dalla lotta per la retrocessione nonostante una partenza disastrosa, e punterà ancora più in alto. Potrebbe essere l’ultimo esempio da sbandierare per mostrare che mago Silvio possiede ancora la bacchetta magica della vittoria. Sui campi di calcio e nelle urne.
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