Ma chi glielo avrebbe detto a Silvio Berlusconi che alla verde età di 84 anni, quando tutti lo davano inesorabilmente sul viale del tramonto, sarebbe tornato centrale nel dibattito politico italiano? Forse solo lui, forte del suo inguaribile ottimismo, ci avrebbe potuto credere. Nessun altro. Eppure è un fatto: da giorni non si parla d’altro.
L’apertura di un dialogo fra Forza Italia e la maggioranza è uno di quei temi che smuovono acque stagnanti, che aprono scenari, e accelerano processi. Un’apertura vera? Parrebbe di sì, sulla spinta degli appelli di Mattarella all’unità d’intenti davanti all’emergenza, cui il Cavaliere ha fatto più volte esplicito riferimento. Nei giorni scorsi si era arrivati addirittura a ipotizzare un doppio relatore per la legge di bilancio, uno indicato dalla maggioranza, l’altro scelto fra le fila dell’opposizione, ovviamente un azzurro. L’idea è stata scartata per la veemente reazione del resto del centrodestra, che non ha affatto gradito.
Fra Berlusconi e Salvini, soprattutto, è sceso il grande gelo. La Lega è venuta meno al patto fra gentiluomini che sin qui ha tenute serrate le porte del fu Carroccio ai transfughi di Forza Italia. Tre deputati hanno cambiato gruppo, e fra essi Laura Ravetto, non proprio l’ultimo dei peones, provocando l’ira dell’ex premier. E poi il sospetto di uno scambio scellerato, con l’emendamento per difendere Mediaset dalle scalate straniere, nella fattispecie la francese Vivendi.
I pontieri sono entrati in azione, provocando un colloquio telefonico fra i due, e la proposta da parte di Salvini di una federazione del centrodestra. Una idea non nuova e che, va detto, sino a poco fa faceva venire l’orticaria al Capitano, ma che ora potrebbe essere utile per impedire la fuga di Forza Italia.
Matteo Renzi lo ha detto senza giri di parole: separare Berlusconi dalla Meloni e dal Salvini sarebbe un’ottima cosa. E dal Pd, mentre il numero 2 Orlando spiega che il dialogo è possibile solo con gli azzurri, il ministro dell’Economia Gualtieri vede la collaborazione come positiva, nel rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione. Negativo, invece, il giudizio dei 5 Stelle, ma un “no” di maniera, niente a che vedere con le veementi polemiche contro lo “psiconano”, epiteto tante volte usato nel passato da Beppe Grillo. Proprio in questi giorni una cena fra Di Maio e la presidente del Senato Casellati fa capire che l’interlocuzione è in corso. Ingresso nel governo no, discussione dei provvedimenti utili al paese sì.
Tanto interesse della maggioranza verso il sostegno che potrebbe venire da Forza Italia (91 deputati e 54 senatori) rappresenta l’indice della debolezza della maggioranza, chiamata a discutere ed approvare i provvedimenti forse più delicati della storia repubblicana senza avere la capacità di esprimere una direzione d’azione chiara. Pesano soprattutto le divisioni interne al Movimento 5 Stelle, che sono rimaste inalterate dopo gli Stati generali. Il rischio di una spaccatura, o di uno sfarinamento, rimangono alti, anche se sinora il collante del potere sembra aver avuto un buon effetto e i numeri non sono mai stati a rischio.
L’impressione è che Palazzo Chigi abbia perso lo smalto, e sia finito nell’occhio del ciclone di fortissime spinte contrastanti fra di loro. Spinte corporative e localistiche (industriali, commercianti, ristoratori, albergatori, regioni, comuni, e quant’altro) che Conte fatica a tenere a bada, anche perché tutti cercano di tirare l’acqua al proprio mulino, dal momento che non si capisce quali terreni quell’acqua è destinata a bagnare.
Discutere in queste condizioni del Recovery Plan, già definito da Mattarella occasione irripetibile da non sprecare, diventa difficile, se non impossibile. Non a caso cresce la pressione europea per la definizione al più presto degli obiettivi nazionali. A parlare di un governo differente da quello attuale è rimasto quasi solo Carlo Calenda, ma il problema dell’inadeguatezza dell’esecutivo non è affatto cancellato.
Certo, la questione non può porsi da qui a Natale: si deve approvare una legge di bilancio presentata con un mese di ritardo in parlamento. Si procederà a colpi di fiducia, e per il dibattito rimarrà pochissimo spazio. Ma con il nuovo anno l’interrogativo è destinato a riemergere. Con Berlusconi soddisfatto per essere tornato nel giro di quelli che contano.