Brutta roba quando, come nella favola dì Andersen, un bambino grida: “Il re è nudo”. Il bambino, nel caso attuale, ha le sembianze di un compassato signore posto dalla legge a guardia della nostra finanza, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Due interventi in pochi giorni, e alla fine anche le testate più blasonate hanno dovuto cominciare a parlarne: fortissimo il suo allarme sulle conseguenze economiche della guerra in Ucraina, che rischiano di essere devastanti, assai più di quanto si è detto sino a oggi. Adesso la politica dovrà smettere di fare finta di niente.



Visco ha dipinto un futuro a tinte fosche. Ha parlato di un punto di svolta, di oltre cento milioni di persone che nel mondo rischiano di tornare in uno stato di povertà estrema. Per il numero uno di via Nazionale l’aggressione russa mette a rischio l’intero assetto dell’economia internazionale, perché sono saltati i suoi due pilastri, l’integrazione dei mercati e la cooperazione internazionale. È la crisi della globalizzazione, perché – ha ammesso – all’apertura dei mercati si è risposto abbassando il costo del lavoro, senza investimenti. Oggi tornano le barriere, e sono a rischio le materie prime, e non solo quelle energetiche. Russia e Ucraina sono fra i maggiori esportatori mondiali di cereali. Fra guerra e sanzioni c’è il rischio che molti paesi si ritrovino in una situazione di carestia, come minimo con prezzi alle stelle per i prodotti alimentari di base.



Governi e istituzioni internazionali hanno già cominciato a ridimensionare le ottimistiche previsioni di crescita che si erano immaginate per il 2022. Per l’Eurozona la Bce aveva immaginato un +3,7% del Pil e un’inflazione al 5,1%. Ora negli scenari peggiori si arriva a temere una frenata con la crescita limitata al 2,3% e l’inflazione capace di superare il 7%, un livello che non si vedeva da decenni.

In questo contesto l’Italia non fa certo eccezione. Il +6,6% del Pil registrato nel 2021 è ormai un ricordo. La stima attuale è al massimo del +4%, ma si teme che si debba registrare ulteriori netti peggioramenti.



Sinora le istituzioni sono state estremamente prudenti. Non hanno allarmato l’opinione pubblica, e hanno operato con una certa discrezione soprattutto in ambito europeo, perché la crisi sia affrontata insieme. Ma non potranno tacere a lungo. Si preannunciano tempi di vacche magre, e bisognerà farvi fronte. Abbiamo già un governo dì unità nazionale, quindi in teoria si dovrebbe partire da uno spirito di ampia condivisione. Ma le barricate che Conte e i grillini stanno alzando rispetto all’aumento delle spese militari deciso in ambito Nato vanno nella direzione opposta allo spirito di concordia che sarebbe necessario.

Draghi si sta spendendo molto in ambito europeo per far capire l’utilità di acquisti centralizzati di gas e petrolio. Ma ha dovuto ammettere che i vari paesi partono da posizioni diversissime, e che un accordo è difficile. La Francia ha il nucleare, gli altri molto meno. E il livello di dipendenza dal gas russo è diversissimo. Di sicuro l’Europa dovrà ripensare il da farsi sul riposo dei terreni agricoli e aumentare l’autoproduzione. Dovrà ricalibrare il piano Next Generation Eu, e pure in fretta. Dovrà ripensare anche la transizione green, lo ha detto chiaro lo stesso Visco. Una sfida ancora più complicata di quella costituita dalla pandemia, perché dopo poche settimane ci trovammo tutti nella stessa situazione. Stavolta non è così.

Per il tandem Mattarella-Draghi la sfida è ardua. Tenere insieme la raccogliticcia maggioranza di governo sarà il compito dei prossimi mesi, da qui alle elezioni, che si terranno esattamente fra un anno. Le perplessità dei 5 Stelle, ma anche quelle della Lega, scale differenti di priorità programmatiche fra i partiti, la necessità di difendere i propri consensi e le emergenze sociali ed economiche. Il prestigio dei due presidenti, quello della Repubblica e quello del Consiglio, dovrà essere interamente gettato sul piatto. Ai leader di partito, ai Letta, ai Berlusconi, ai Salvini, Conte e Renzi (ma anche Meloni) l’onere di dimostrarsi all’altezza del momento difficile che si prospetta davanti a noi. Hanno saputo farlo, dando vita al governo Draghi, dovranno dimostrarlo di nuovo, mettendo da parte le ragioni di campagna elettorale. È un’impresa difficilissima, ma non c’è scelta.

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