Il governo Conte potrebbe scricchiolare, forse perfino cadere a causa dei passi falsi sul caso Calabria. Anche l’ex rettore Eugenio Gaudio ha dato forfait: non farà il commissario alla Sanità della regione. “Mia moglie – ha spiegato l’accademico a Repubblica – non vuole trasferirsi a Catanzaro, non ho intenzione di aprire una crisi familiare”. Poco prima, travolto dalle polemiche per una sua vecchia dichiarazione sull’inutilità delle mascherine, si era dimesso dall’incarico Giuseppe Zuccatelli, voluto dal ministro Roberto Speranza e nominato nel Consiglio dei ministri dello scorso 7 novembre in sostituzione del generale Saverio Cotticelli, reo – per quanto apparso – d’aver appreso in tv, a ben 8 mesi dall’inizio della pandemia, di dover attuare il Piano regionale Covid.



Due dimissioni e una rinuncia in sequenza – quella di Gaudio, peraltro indotta dalle polemiche nate dalla notizia del suo coinvolgimento in un’inchiesta per concorsi truccati all’università – sono dure da digerire per il governo giallorosso, costretto a fare i conti con il malcontento di gran parte dei parlamentari calabresi del Movimento 5 Stelle, che, capitanati dal senatore Nicola Morra, vogliono a tutti i costi Gino Strada quale commissario alla Sanità. E non mollano, intanto perché la responsabilità dei disservizi sanitari è addossata a loro e a Cotticelli, mentre si avvicina la data delle elezioni regionali, fissata al 14 febbraio 2021. Il medico di guerra ha però ribadito di non aver avuto proposte concrete da Palazzo Chigi, limitandosi a offrire una generica disponibilità a collaborare alla causa insieme ad Emergency.



L’esecutivo ha appena varato il secondo decreto legge – il primo, pieno di criticità, risale alla primavera 2019 – con cui pensa di risolvere la grave situazione sanitaria della Calabria: disavanzo di 160 milioni annui, Lea sotto la soglia minima, infiltrazioni mafiose, bilanci disastrati di 7 delle 9 aziende del Ssr, mobilità passiva da 300 milioni all’anno, carenza cronica di personale, assistenza territoriale a terra e disorganizzazione totale rispetto all’epidemia da nuovo coronavirus.

Dopo il passaggio iniziale alla Camera, il provvedimento – non privo di critiche feroci, su tutte alcune di compatibilità costituzionale mosse anche in commissione Affari sociali da Ettore Jorio, professore ordinario nell’Università della Calabria – dovrebbe arrivare al Senato nelle prossime settimane. Ma il clima in casa dei 5 Stelle è incandescente. La senatrice Bianca Laura Granato aveva bollato l’investitura di Gaudio come “un’altra nomina di convenienza, per logiche di interesse interne ad equilibri che poco hanno a che fare con la tutela del diritto alla salute dei calabresi”. Con toni simili si erano pronunciate le colleghe di gruppo Margherita Corrado e Rosa Silvana Abate. Il deputato Francesco Forciniti è intenzionato a non votare il dl, se il commissario non sarà “una figura esterna al sistema”.



Insomma, c’è una rivolta pro Strada, che parte dalla rappresentanza parlamentare pentastellata della Calabria, è alimentata da Morra e da numerosi attivisti del Movimento 5 Stelle, appoggiata dalle Sardine e da un pezzo degli intellettuali locali di sinistra.

Matteo Renzi ha colto al balzo l’occasione e si è infilato dentro al dibattito, spingendo a favore del fondatore di Emergency con l’obiettivo di aumentare il caos e destabilizzare il governo. L’ha capito il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha avvertito: “I ministri del Movimento Cinquestelle hanno fin qui accolto, con spirito di collaborazione e coesione, le indicazioni dei competenti dicasteri. Adesso però il tempo è scaduto: in un momento delicato come quello attuale, la Calabria deve poter contare quanto prima sulle migliori energie e professionalità in circolazione”.

Il Guardasigilli ha aggiunto che “occorre procedere senza ulteriori passi falsi, iniziando innanzitutto dal definire i compiti di chi, come Gino Strada, ha manifestato la propria disponibilità a dare una mano con passione e competenza”. Nel frattempo, a sorpresa il procuratore antimafia Nicola Gratteri ha detto che “Gino Strada non va bene” e che ci vorrebbe un calabrese formatosi al Nord.

C’è ancora spazio per ulteriori colpi di scena, compresa la mancanza, al Senato, dei numeri per convertire l’ultimo decreto Calabria. A questo punto da Strada dipende anzitutto il destino del governo, prima che il futuro della sanità calabrese.