La commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato la riforma costituzionale per il taglio dei parlamentari con il voto favorevole dei partiti della maggioranza, contrari Forza Italia e +Europa, mentre i deputati di Lega e Fratelli d’Italia erano assenti. Ora il testo è atteso in Aula lunedì 7 ottobre, ma Pd e Leu hanno già chiesto che prima del voto di martedì 9 si tenga un vertice di maggioranza per definire il complesso delle riforme, modificando i regolamenti parlamentari e garantendo la rappresentanza territoriale e il pluralismo. Il calendario imposto da Luigi Di Maio è stato così rispettato, ma sui contrappesi chiesti dagli alleati al momento non ci sono garanzie. È un successo dell’anti-parlamentarismo che è nel Dna dei Cinquestelle? “Non la metterei proprio sul piano dell’anti-parlamentarismo – risponde Fabrizio d’Esposito, giornalista politico del Fatto Quotidiano – perché basta riandare agli ultimi tentativi di riforma, come quella di Renzi bocciata dal referendum del 2016 che voleva addirittura trasformare il Senato in una Camera di secondo piano”.



E allora a che cosa mira il taglio voluto dal M5s?

In Italia abbiamo una tradizione elefantiaca di organismi sovradimensionati e forse questo taglio poteva essere sicuramente fatto meglio, soprattutto in vista di quello che poi dovrà essere il ridisegno dei collegi elettorali, perché la rappresentanza regionale sarà davvero messa a rischio. Però ben venga il taglio dei parlamentari, si tratta di rendere più snello il processo decisionale e legislativo, perché il vero male da correggere del sistema italiano è il bicameralismo perfetto.



Il Pd ha quindi dovuto un po’ subire questo taglio dei parlamentari?

Non è che il Pd, che pure all’inizio era contrario, l’abbia subìto. C’è un problema di rappresentanza in tutti i partiti. Noi veniamo da 15 anni in cui i sistemi elettorali hanno dato una rappresentanza di nominati al Paese. È chiaro che tutti sono spaventati da un taglio dei parlamentari. Ma è uno dei punti del programma del governo giallo-rosso.

Mancano però i contrappesi chiesti proprio da Pd e Leu. Dove sono?

In maniera contestuale all’accordo di governo il Pd aveva chiesto che si facesse una legge elettorale, magari poi da differire nel tempo, tipo l’Italicum. Però al momento la discussione è paralizzata e nemmeno si capisce quale sia la posizione del Pd stesso. Due padri nobili come Veltroni e Prodi si sono pronunciati per il maggioritario, così come Zingaretti.



E sull’asse del proporzionale chi troviamo?

Renzi e i Cinquestelle.

Quindi, che partita sarà?

Diciamo che il taglio dei parlamentari resta un po’ in sospeso ed è un’incognita che peserà sulla prossima settimana, quando il testo approderà in Aula. E il cammino sarà lungo, perché dovrà passare al vaglio di un referendum. La scissione del Pd, poi, ha completamente ribaltato i termini della questione: Renzi vuole il proporzionale e quindi lo si deve tenere a bagnomaria finché non ci sarà la nuova legge elettorale. Fermo restando che in Italia, tutte le volte che si è fatta una legge elettorale, si è andati a votare poco dopo. O si fa una legge elettorale, differendola nel tempo e legandola all’attuazione del taglio dei parlamentari, che entri in vigore nella prossima legislatura, se il governo reggerà fino al 2023, oppure si ripropone, qualora dovesse cadere prima il governo, il problema di come si va a votare. Sarà una partita molto delicata.

Intanto in Umbria anche il Pd vorrebbe multare chi cambia casacca. Il Partito democratico si sta grillizzando per tenere insieme un’alleanza molto fragile, visto che come dice Luigi Zanda “ogni capriccio può portare alla rottura”?

Siamo stati l’unico giornale che ha dato ampio spazio alla notizia delle multe da 30mila euro. Il Pd, però, ci ha ripensato, stabilendo che non sarà obbligatoria, ma volontaria e mi pare difficile che uno abbandoni il Partito democratico e poi volontariamente paghi 30mila euro allo stesso Partito democratico. È chiaro che questa mossa, nata in Umbria, ha messo in imbarazzo Zingaretti. Il problema però non è la grillizzazione o la necessità di rendere stabile un’alleanza fragile, anche perché con il proporzionale tutte le alleanze parlamentari nascono fragili.

Qual è allora il problema?

Che sta esplodendo il fenomeno del trasformismo. Dal 2008 a oggi, in tre legislature, abbiamo calcolato quasi 920 cambi di casacca ed è possibile che con l’ultima scissione renziana si arrivi a superare quota mille. Direi che non si tratta proprio di inseguire l’anti-parlamentarismo o la lotta anti-casta. Si tratta di affrontare uno dei problemi endemici della politica italiana che ci trasciniamo dal dopo Unità d’Italia.

Ma le multe come si conciliano con il divieto del vincolo di mandato?

In effetti, potrebbero essere poco applicabili. Credo che andrebbero tentate misure più pragmatiche, come il diritto di recall, cioè la revoca degli eletti, utilizzato in alcuni Stati degli Usa e in Gran Bretagna. Se un parlamentare cambia casacca, si raccolgono le firme in un collegio per farlo decadere.

In una recente intervista Renzi ha elogiato il M5s e criticato il Pd. Italia Viva si candida a diventare il socio di riferimento del M5s proprio a danno del Pd? E i Dem dovranno guardarsi continuamente le spalle da Renzi in questa esperienza di governo?

È evidente che dovranno sempre guardarsi le spalle da Renzi e da quella strana alleanza con Di Maio su cui pesa una fortissima comunanza: entrambi non vogliono andare alle elezioni anticipate.

Perché?

Di Maio perché finirebbe il suo secondo mandato, Renzi perché si sogna i deputati di cui oggi dispone. A meno che non arrivi una nuova legge elettorale proporzionale…

Renzi e Di Maio non stanno già giocando nel ruolo di guastatori del governo?

Renzi sarà il populista del governo e quindi Di Maio ha necessità di marcarlo a vista e di non farsi scavalcare da tutto ciò che di popolare proporrà Renzi. E questo lo porta ad assumere magari le stesse posizioni. È come quando giochi a poker: sono alleanze che nascono al tavolo da gioco.

Sulla Nadef hanno stoppato Conte e Gualtieri sulla rimodulazione dell’Iva. Premier e ministro dell’Economia, generali senza truppe, saranno marcati a uomo?

Comincio ad avere dei dubbi che Conte sia un generale senza truppe. Conte si giocherà questa sua seconda opportunità a Palazzo Chigi per costruire la sua leadership. Che poi possa finire coronata dal Quirinale come successore di Mattarella, oppure come nuovo Romano Prodi di un nuovo centrosinistra oppure ancora come leader di una forza moderata e centrista noi adesso non lo sappiamo. Ma di certo si giocherà la sua partita. Oggi è un Conte completamente diverso da quello che faceva il premier nel governo giallo-verde. Oggi è un presidente del Consiglio ed è un soggetto terzo rispetto a M5s e Pd.

A una prima lettura sommaria, la Nadef prefigura una manovra di sinistra?

Questo governo è nato in fretta, dopo la crisi scoppiata a inizio agosto, solo per sterilizzare l’aumento dell’Iva. Tutto quello che arriverà in più lo leggeremo e lo valuteremo. Certo è che nella realtà, tra alleanze regionali e alleanze di governo, si può delineare un nuovo campo del centrosinistra contrapposto alla destra sovranista.

(Marco Biscella)