Cresce nella maggioranza la voglia segreta di liberarsi di Renzi. L’indisponente segretario e fondatore di Italia viva è infatti convinto di avere in mano il punto più alto. Capita a chi guarda con scarsa attenzione alle possibilità dei suoi avversari. Nell’agosto di un anno fa era toccato a Matteo Salvini di comportarsi in modo analogo. Certo che i suoi interlocutori non avessero a disposizione alcuna via di uscita, chiamò banco. Sappiamo come andarono le cose e come il leader della Lega – nonché ministro degli Interni – si trovò disoccupato dalla mattina alla sera.



Renzi sembra non aver fatto tesoro dell’esperienza del suo omonimo. Forse proprio perché si ritiene l’unico artefice dell’esito di quella vicenda (in altre parole l’unico furbo in circolazione) manifesta sicurezza. “Non c’è in giro un altro Renzi in grado di mettermi nel sacco” avrà pensato. Così si è convinto di avere in pugno le sorti della maggioranza, di poter dettare le condizioni della resa di Conte.



Ormai non si accontenta più della retromarcia che il premier ha fatto sulla cabina di regia prevista inizialmente per la gestione del Recovery Plan. Dell’impegno ad accantonare la nascita della fondazione a cui affidare i servizi di intelligence. No, Renzi vuole molto di più. Ogni giorno aggiunge una nuova richiesta. Un ministero pesante, possibilmente quello alle infrastrutture, ora diretto dalla De Micheli. E poi i nuovi vertici delle Ferrovie di Stato. E perché no?, Scalfarotto al Wto. E visto che ancora nessuno crede che faccia sul serio, adesso vuole obbligare a usare i soldi del Mes sanitario, sì proprio quelli, a cui ormai aveva rinunciato pure il Pd.



Dopo che la delegazione di Italia viva ha disertato anche il nuovo appuntamento previsto ieri con il premier Conte, nessuno ha più voglia di scherzare, e il clima è diventato maledettamente serio. Minimizzare non serve più. Ora si aspetta l’ultima mossa di Iv: il ritiro delle ministre dal governo. L’atto che – secondo lo stratega di Rignano – dovrebbe aprire virtualmente la crisi.

È proprio a questo punto che entrano in gioco le possibili alternative che Renzi non ha preso in considerazione. La prima: si va a votare davvero. La seconda: Mattarella indica un governo tecnico per rifare i collegi, aspettare l’esito delle vaccinazioni e mandare il paese al voto appena possibile. La terza: Renzi viene espulso dalla maggioranza grazie ai voti dei responsabili.

Su quest’ultima ipotesi si sta lavorando molto seriamente. Basterebbe un piccolo segnale di Conte per avviare quello che in molti auspicano da mesi: la nascita di un gruppo parlamentare con il suo nome. Se i partiti della maggioranza fedele a Conte si disponessero verso una semplice apertura nei confronti del gruppo misto, cioè quella vasta area del parlamento dove sono confluiti nel tempo fuoriusciti di vari partiti, e in particolare dal Movimento 5 Stelle, i conti tornerebbero. Sarebbe infatti proprio il ritiro di ogni pregiudiziale da parte dei grillini ortodossi ad accelerare la nascita di un partito di Conte. Anche sui territori, in particolare nei grandi comuni dove si voterà in primavera, ci sono diversi segnali di nuove aggregazioni che nascono nel nome del premier.

Nelle prossime ore si capirà che piega prenderà la vicenda. L’azione di Renzi – sospinta come al solito dal caloroso sostegno dei fans più accaniti – sembra condannata da una forza di inerzia ad andare fino in fondo. Con che faccia potrebbero ritirarsi di fronte ad un sostanziale rifiuto ad accettare ogni loro richiesta? Da qui a pochi giorni Italia viva dovrà fare passi decisivi per aprire la crisi. Allora – e solo allora – il resto della maggioranza potrà giocare a carte scoperte. Siamo nella seconda parte della legislatura, e come si sa, il partito dei responsabili non si lascerà sfuggire l’occasione.