Il Pil italiano nel terzo trimestre è cresciuto del 16,1% e più del previsto. L’incremento si riferisce ovviamente al secondo trimestre, quando in Italia era chiuso tutto, perché il confronto con il terzo trimestre del 2019 evidenzia un calo del 4,7%. La sorpresa positiva, ci raccontano i giornali che fanno filtrare le valutazioni dei tecnici del Mef, potrebbe compensare quella negativa del quarto trimestre in cui l’Italia entrerà in un lockdown “light”. Secondo il ministro dell’Economia Gualtieri, il risultato “testimonia la capacità di risposta della nostra economia e l’efficacia delle misure decise dal Governo”; lo stesso ministro poi ci avverte che “la crescita del Pil nel 2021 potrebbe risultare inferiore a quanto previsto”.



Quello che è accaduto nel secondo trimestre, un calo del Pil senza precedenti, pone evidentemente le basi per un’anomala volatilità del risultato del trimestre successivo. Se il fatturato del secondo trimestre si dimezza, da 100 a 50, arrivare nel terzo trimestre a 60 o 65, con un rimbalzo del 20% o del 30%, non consegna un risultato finale particolarmente “diverso” rispetto al dato di partenza. In sostanza, la performance del trimestre estivo dovrebbe essere presa con le pinze perché arriva dopo una fase di compressione senza precedenti. Quello che conta, ovviamente, è quello che accadrà nelle prossime settimane e nel 2021.



Tutte le stime di Pil di qualsiasi agenzia internazionale uscite negli ultimi mesi hanno espresso la cautela per una possibile recrudescenza della pandemia e delle restrizioni da “lockdown”. Sono tutte stime condizionate allo sviluppo della pandemia e all’azione dei governi che moduleranno la risposta in senso più o meno restrittivo e che saranno in grado in modo più o meno efficace di incentivare la ripresa.

La situazione italiana in questo senso è particolare. L’Italia ha avuto le restrizioni più dure e più durature in Occidente questa primavera e le peggiori conseguenze economiche e sociali sono state evitate, finora, sostanzialmente per due ragioni: il blocco dei licenziamenti e la salvaguardia “economica” dell’amministrazione pubblica. Quest’ultima arranca e non sembra tenere il passo della ripresa dell’attività degli ultimi mesi: i processi autorizzativi, i procedimenti in tribunale viaggiano a una frazione della velocità “pre-Covid”. L’Italia vive in una sorta di sospensione economica con un deficit esploso e si appresta a spegnere di nuovo l’economia per altri due mesi. Intanto l’antifona sui risparmi degli italiani da convogliare nella ripresa risuona senza che nessuno si faccia illusioni e con prevedibili conseguenze sulla “fiducia” di consumatori e famiglie.



Questa sospensione mediatica sull’economia ha un altro effetto: ci siamo tutti convinti che il 1° gennaio torneremo alla normalità. Il blocco dei licenziamenti, un settore pubblico in “smart working”, un piccolo lockdown che ci farà fare il Natale in famiglia induce la convinzione collettiva che il primo dell’anno ci risveglieremo dal secondo brutto sogno e tutto ricomincerà come prima. Questa è un’illusione pericolosa perché spegnere il motore dell’economia, osservare il fallimento di decine di migliaia di attività imprenditoriali, non ci permetterà di ricominciare come se tutto si fosse limitato a un periodo di pausa.

La narrazione sul risultato del Pil del terzo trimestre di ieri è inquietante perché il terzo trimestre nella fase attuale è preistoria e nel frattempo sono passate due ere geologiche come dimostra il fatto che la vita che faremo nelle prossime settimane, e con noi migliaia di “partite Iva” e imprese, sarà irriconoscibile rispetto a quella dell’estate. Nel frattempo ci apprestiamo a un altro lockdown “doloroso ma necessario”, digeribile solo perché tutto è congelato sotto la minaccia di scioperi generali mentre l’unica cura di cui si parla, insieme ai soldi dell’Europa che non ci sono, è la non cura della patrimoniale.

Nessuna prospettiva, nessuna strategia, nessuna fiducia sulla capacità di adattamento dell’amministrazione pubblica; a queste condizioni la ripresa del 2021 è una chimera. Questo dovrebbe essere l’argomento del giorno, ma purtroppo metterlo sul tavolo rovinerebbe la bolla di illusioni costruita a fatica nelle ultime settimane tra smart working elargito generosamente, blocco dei licenziamenti, fantomatici “ristori” e casse integrazioni che arriveranno subito, anzi subitissimo. Questa non è una strategia, ma è un calcio al barattolo che non solo nasconde, ma che alimenta un mostro in ebollizione e di cui settimana scorsa abbiamo visto le avvisaglie.