Sergio Mattarella ha firmato il disegno di legge di Bilancio, che è stato quindi presentato alla Camera dove inizierà un iter parlamentare che dovrà essere accelerato per consentire l’approvazione definitiva entro il 31 dicembre. La manovra è stata criticata da più parti, sia dai sindacati (che nel comparto della Pa hanno persino proclamato uno sciopero generale) che da Confindustria (“è ancora di emergenza, non di ripartenza”, ha detto Carlo Bonomi). Il Governo si appresta a varare intanto un terzo decreto ristori e a richiedere un nuovo scostamento di bilancio, la cui entità non è ancora chiara, anche perché la Commissione europea mercoledì ha richiamato l’attenzione sulla necessità di preservare la sostenibilità del debito pubblico italiano. Per Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore, siamo di fronte a un manovra «nel segno dell’emergenza e che ha un grande limite».
Quale?
È stata approvata con quasi un mese di ritardo rispetto alla scadenza prevista. Partiva con la formula “salvo intese” che rendeva già l’idea che si sarebbe trattato fino alla fine, com’è poi avvenuto. Ed è stata scritta partendo da una Nadef che è diventata vecchia prima ancora di essere presa in seria considerazione per via della seconda ondata del Covid, nonostante contenesse anche stime basate su uno scenario negativo con un’eventuale recrudescenza del virus.
Forse anche per questo si è già pensato a un nuovo scostamento di bilancio.
Il fatto che si parli di terzo decreto ristori e di quinto scostamento di bilancio la dice lunga sul fatto che si continua a procedere con una pioggia di bonus per tamponare le falle di un’emergenza drammatica. Non c’è alcuna prospettiva per il futuro, né sembra esserci una strategia di fondo ben delineata. Da qui le osservazioni critiche che arrivano un po’ da tutti i fronti.
Anche dalla Commissione europea…
Sì, c’è una preoccupazione evidente di Bruxelles per quanto riguarda l’andamento del nostro debito pubblico e per via delle recenti prese di posizione, da parte di Sassoli e Letta, sulla cancellazione del debito. Prese di posizione che sembrano trasmettere il segnale di un “liberi tutti” sul fronte del debito che preoccupa molto la Commissione europea.
Come si possono leggere politicamente queste dichiarazioni?
Anzitutto va notato che arrivano dal Presidente del Parlamento europeo e da un ex presidente del Consiglio da sempre europeista convinto. Dunque da un fronte non sospetto. Sono affermazioni che hanno il sapore di una scelta politica con il fine di scompaginare il quadro delle verità consolidate, tra cui quella che il Pd appartiene senza se e senza ma al fronte europeo e di rigore sui conti pubblici. Probabilmente rappresentano anche un modo per posizionarsi in vista di possibili scadenze future che possono riguardare il Governo o la presidenza della Repubblica. È un modo politico per distinguersi e tendere anche una mano al Movimento 5 Stelle.
In questo senso Sassoli ha anche definito il Mes uno “strumento del passato” auspicandone una riforma. La discussione all’interno della maggioranza sul tema può dirsi a questo punto chiusa?
Dichiarazioni del genere da parte del Presidente del Parlamento europeo non fanno che dare una mano a chi come Di Maio parla di discorso chiuso sul Mes. L’irritazione di Zingaretti dimostra che questa mossa era inaspettata e che ha un risvolto politico significativo. Ora per Conte, dopo diversi rinvii, diventa più facile dire no al Mes.
Un punto critico per le forze al Governo sembra essere l’apertura a Forza Italia. Renzi addirittura ha parlato di possibile allargamento della maggioranza…
C’è fibrillazione, ma mi sembra un dibattito scritto sulla sabbia. I nostalgici del Patto del Nazareno forse dimenticano che nel 2014-15 si era all’apice del consenso per Renzi, con il Pd arrivato addirittura sopra il 40% alle europee e Forza Italia che aveva ben altri numeri rispetto a quelli attuali. Oggi, entrambi i protagonisti di quell’accordo navigano in acque politicamente molto diverse da allora: Forza Italia perde voti a ogni elezione e non si sa quanto vale realmente Italia Viva a livello nazionale, anche se certamente non si tratta di numeri brillanti. Oltretutto, con l’opposizione di M5s e la non piena condivisione sul punto da parte del Pd e della stessa Forza Italia, è francamente impossibile andare oltre accordi specifici che potrebbero forse esserci già durante l’iter parlamentare della Legge di bilancio, che quest’anno dovrà di fatto essere molto rapido, addirittura con l’esame della sola Camera, con ricorso finale alla fiducia per evitare l’esercizio provvisorio.
Considerato tutto questo quadro, come vede la posizione di Conte?
Sappiamo che ha impostato la sua strategia sull’emergenza continua, ma la seconda ondata ha creato dei problemi che non poteva prevedere ad agosto-inizio settembre. Sono in qualche modo emersi l’impreparazione con cui si è arrivati a questo appuntamento, gli errori che sono stati commessi durante l’estate e un parallelo calo dei consensi dell’opinione pubblica per il Premier. Il quale, da un lato, è incalzato dal presidente della Repubblica, che chiede a tutti uno sforzo in direzione della collaborazione e della coesione, dall’altro, deve fare i conti con i partiti della maggioranza dove c’è chi discute del patto del Nazareno, chi vuole il rimpasto, chi continua a tenere sospesa la questione del Mes. La situazione per lui è piuttosto complicata.
Conte sta cercando la coesione come viene chiesto da Mattarella?
Il Presidente del Consiglio si dice aperto al dialogo con l’opposizione, ma non si capisce su quale base si possa implementare questo confronto. Anche se non deve passare inosservato il fatto che con la Legge di bilancio il Governo ha stanziato 800 milioni per il 2020 e 400 per il 2022 per le “esigenze del Parlamento”. Non avremo il Patto del Nazareno, ma magari degli accordi con cui si fanno passare delle richieste delle opposizioni per provvedimenti settoriali e corporativi. Quei milioni sanno tanto di risorse per cercare di dare contentini qua e là. Sono stati messi lì per essere richiesti da qualcuno, discussi e spartiti.
Il Premier dovrà anche affrontare cambiamenti nello scenario internazionale e anche impostare il G20 che la cui Presidenza l’anno prossimo spetta all’Italia. Come se la caverà?
Quella del G20 può essere un’occasione sia per lui che per l’Italia, sia dal punto di vista della visibilità che dei contenuti, vista anche l’emergenza sanitaria che si è venuta a creare. Tuttavia non dobbiamo trascurare quel richiamo della Commissione europea, anche perché nella Nadef si parlava di ritorno ai livelli di debito pre-Covid a fine decennio, ma ora con un nuovo scostamento di bilancio e un calo del Pil più profondo del previsto si andrà per forza oltre. Si sta facendo notare con parole prudenti, perché questo è lo stile del Commissario Gentiloni, che l’Italia deve rientrare sul sentiero della riduzione del debito. E il Governo si sta muovendo in direzione opposta, mentre dalla maggioranza arrivano anche segnali sulla cancellazione del debito non rassicuranti.
L’elezione di Biden è un aiuto per Conte?
È tutto da vedere. Il Governo Conte-1 è nato con il pieno sostegno dell’Amministrazione Trump. Il Conte-2, pur con la svolta europeista che c’è stata, anche con il celebre tweet pro-Giuseppi, ha visto ancora la Casa Bianca in qualche modo vicina al presidente del Consiglio. Probabilmente con Biden l’attenzione sarà diversa. Soprattutto per quanto riguarda i rapporti Roma-Pechino. Sappiamo che la posizione del nuovo Presidente sulla Cina è molto dura e questo si riverbererà sull’Europa, in particolar modo sull’Italia dopo quella famosa firma sul Memorandum sulla Via della seta.
(Lorenzo Torrisi)