La finestra per il voto anticipato a fine settembre si sta chiudendo, ma questo non contribuisce affatto a rendere più stabile il quadro politico italiano. Sta accadendo l’esatto contrario: la fibrillazione, invece che diminuire, cresce a dismisura. E il cacciatore diventa all’improvviso la preda. Ora il bersaglio è diventato Matteo Salvini.



Per la verità, all’automatismo fra crisi di governo e ritorno alle urne il leader della Lega non aveva mai creduto. È sempre stato perfettamente consapevole che almeno un tentativo di formare un governo alternativo a quello gialloverde Sergio Mattarella lo avrebbe fatto. Ma mai come oggi la possibilità di formare una maggioranza differente è sembrata a portata di mano. Da qualche giorno in transatlantico non si parla d’altro: dopo il voto a Strasburgo a favore di Ursula Von Der Leyen le possibilità di una convergenza fra M5s, Pd e Forza Italia (quantomeno una benevola astensione di quest’ultima) di fronte a un Conte bis (o a un governo Fico ammantato da istituzionale) è data per probabilissima, al netto delle smentite di Zingaretti, considerate poco più che frasi di circostanza. Ed è opinione comune che un esecutivo siffatto, qualora nascesse, sarebbe longevo quanto il tempo rimanente della legislatura.



Dell’aria che tira Salvini appare consapevole, e di conseguenza non sembra propenso a staccare la spina per finire all’opposizione, solitario o quasi. Nei prossimi mesi, però, il prezzo da pagare per resistere al governo potrebbe essere altissimo. Un assaggio di quel che potrebbe accadere si sta vedendo con il colpo basso del Russiagate: vero o falso che sia è un terreno scivoloso, roba da servizi segreti, che racconta di una Lega non solo isolata a livello internazionale, ma colta alla sprovvista in mezzo al guado di una correzione di rotta che da una posizione filo-Putin doveva portarla in area trumpiana.



I segnali di una manovra di accerchiamento in atto ci sono tutti: il primo è il protagonismo di Giuseppe Conte, sempre più leader alternativo per una nuova fase, che scavalca il suo vice e si dichiara disponibile a riferire alle Camere al posto suo sul pasticciaccio brutto di Mosca e dintorni. Ma l’operazione è in corso da tempo, soprattutto sul piano europeo. Il premier è riuscito nel miracolo di evitare la procedura d’infrazione, grazie a un complesso gioco di sponde con Tria, Moavero e il Quirinale, che delle promesse di rispetto dei vincoli europei si è fatto garante.

A Strasburgo e a Bruxelles poi la Lega è finita isolata, e rischia di pagare carissimo il repentino cambio di posizione sulla Von Der Leyen: a oggi le possibilità di avere per Giancarlo Giorgetti la poltrona di commissario alla Concorrenza sono praticamente nulle. Non passerebbe il vaglio dell’Europarlamento, e per questo i 5 Stelle parlano di “mission impossible”. Per Salvini un boccone difficile da digerire, che si aggiunge ad altri due colpi sotto la cintura, che dimostrano come l’attivissimo asse che vuole la Lega all’angolo sia attivo da settimane. Proprio le promesse fatte alla Ue sulla legge di bilancio finiscono per dimostrare, cifre alla mano, che è impossibile mettere in atto la flat tax. Non c’è spazio, non ci sono i soldi, al massimo la flat tax si potrà introdurre solo sugli aumenti di reddito. Un granello rispetto alla montagna promessa.

Ultimo terreno su cui la Lega appare in difficoltà è l’autonomia differenziata, reclamata dalle Regioni del Nord. La sensazione dei frequentatori del Parlamento è che sia finita impigliata in così tante pastoie da essere avviata su un binario praticamente morto. E questo potrebbe provocare una lacerazione con lo storico elettorato leghista del Nord, con i governatori veneto e lombardo, Zaia e Fontana, a guidare la rivolta.

In questo quadro fosco Salvini, che ha dettato l’agenda politica del governo per un anno intero, si trova a dover rompere un accerchiamento in cui alleati e avversari hanno tutti interesse a fare di tutto per logorarlo. Il rischio è di non vedere concretizzarsi mai altrimenti quel consenso enorme che oggi i sondaggi gli attribuiscono. Dovrà lanciare una controffensiva, e farlo in fretta.