La condotta di Nicola Zingaretti nel corso della crisi mi era apparsa la più equilibrata. Il suo ragionamento appariva lineare: crollata l’esperienza di governo tra populisti e sovranisti che ha prodotto danni ingenti all’Italia difficile possa prendere corpo una diversa maggioranza, si torni quindi al voto facendo emergere i rischi che correrebbero il Paese e la democrazia italiana se a prevalere fosse la Lega di Salvini. Considerazioni quelle di Nicola prive di fronzoli, arzigogoli e velleitarismi.
Questo mi era apparso il pensiero di Zingaretti. Non credo mancasse in lui consapevolezza della situazione del Paese, degli impegni assunti a giugno dal Governo italiano per scongiurare la procedura di infrazione. Consapevole di ciò dichiarava di voler ascoltare e tenere scrupolosamente conto delle parole di Mattarella. Credo Nicola non escludesse la formazione di un Governo sulla base di un mandato preciso e circoscritto: predisporre la manovra di bilancio per il 2020 in linea con gli impegni presi a giugno con l’Unione europea e condurre al voto. Avrebbe potuto assolvere a questo compito un Governo “neutrale” rispetto alla contesa politica, con una caratterizzazione tecnica. Un tale esecutivo avrebbe avuto il sostegno del Pd e, oso dire, lo sguardo favorevole del Quirinale.
Avevo inteso che Zingaretti considerasse velleitari i propositi di accordi politici e di legislatura tra 5Stelle e il Pd, partiti tra i quali si è creata una distanza non solo politica, ma addirittura antropologica. Diciamo allora la verità una buona volta: un Governo di legislatura o senza scadenze che sorgesse sulla base di un accordo tra questi due partiti sarebbe considerato dagli italiani il frutto di un’operazione disperata tra chi ha paura del voto. Faceva bene Zingaretti a opporsi a tutto ciò. O meglio avrebbe fatto meglio a opporsi.
Ho timore che la linearità di posizione in Zingaretti rischi di venire meno. A Nicola occorre dire con chiarezza come stanno le cose: se assediato dai Franceschini e dalle stravaganze capricciose renziane sarà costretto a muovere in questa direzione, porterà il Pd su una strada avventurosa e ahimè alla definitiva rovina. Più grave è che così prevarranno nel Paese e tra gli italiani la destra e Salvini. Rifletta Nicola.