L’ingorgo al centro è previsto per ottobre, quando si saranno spenti gli ultimi fuochi elettorali della legislatura: regionali, referendum, ballottaggi comunali. Il day after si prevede impegnativo per tutti i centristi italiani, fervorosamente impegnati a costruirsi un futuro nella terza repubblica. Di cantieri aperti ce ne sono molti.
Il principale è quello di Renzi: Italia viva è nata con la speranza di unire i centristi dei due poli, sgominare Pd e Lega, vestire il senatore di Rignano dell’abito sartoriale di Macron. Invece Matteo Renzi deve fare i conti con le percentuali stitiche dei sondaggi, la disperazione dei cinquanta parlamentari senza futuro e il cinismo degli ex sodali piddini che ogni giorno lo paragonano all’Udeur di Mastella e alla Dc di Rotondi (con la beffa campana di sondaggi che danno proprio le liste di Mastella e Rotondi avanti a quella di Renzi). Triste, solitario y final per l’ex Premier di Rignano.
Ma la sua rabbia principale non è l’irriguardoso paragone coi cespugli democristiani. Nelle notti insonni del senatore di Rignano l’ombra di Banco ha le fattezze di un suo ministro presto affrancatosi dalla sua tutela, quel Calenda un tempo fervido renziano e oggi animatore di un partitino che si oppone al Governo (e nei sondaggi è davanti a Renzi). Il terrore di Renzi è che Calenda – a dispetto della forma fisica più corpulenta – sia pronto a sfilargli di dosso l’abito del Macron italiano.
“Matteo ragiona così”, spiega un parlamentare del suo “inner circle”: Italia viva ha pochi voti e molti parlamentari, quindi sui territori non è attrattiva; al contrario Calenda ha qualche voto in più e quasi nessun parlamentare, quindi è l’attracco ideale di tutti gli aspiranti parlamentari dotati di consenso territoriale. In pratica la tempesta perfetta: Renzi gestisce deputati come una sorta di nuovo Verdini e Calenda miete consenso e forze sui territori.
Passata la paura del partito di Conte – Renzi ha stretto un patto di ferro col Premier – ora Matteo teme lo sfondamento al centro del suo ex ministro. Osservata speciale è la capogruppo azzurra a Montecitorio Maria Stella Gelmini, che così ragionava con Berlusconi prima del Covid: a differenza di Renzi, Calenda è all’opposizione come noi, è un gran borghese, un uomo del fare, la sua immagine è sovrapponibile a Forza Italia con grande facilità.
Pare che a Berlusconi il discorso sia apparso poco convincente, ma quando Renzi lo ha letto sul Giornale ha chiamato direttamente l’articolista per averne conferma. Eh sì, l’asse Gelmini-Calenda è l’ultimo tassello che mancava al mosaico centrista che turba le notti insonni di Matteo Renzi.