A volte in politica si avanzano delle proposte per dare dei segnali, anche se si è praticamente sicuri che arriverà una risposta negativa. Matteo Salvini non è uno sprovveduto, e quando ieri ha lanciato dal Portogallo la proposta di unire nell’Europarlamento i tre gruppi di centrodestra certo non immaginava di guadagnarsi facili applausi. Troppe differenze ancora fra il Partito popolare (Ppe), i Conservatori e il gruppo in cui siede il Carroccio, quello di Identità e Democrazia. La bocciatura arrivata da Forza Italia (parte del Ppe) e da Fratelli d’Italia (Meloni presiede i Conservatori) probabilmente erano state messe nel conto.
Eppure questa proposta oggi può essere discussa, mentre prima della pandemia sarebbe stata semplicemente assurda. Cosa è cambiato? Tutto, o quasi. La crisi economica generata dal Covid ha seppellito la politica dell’austerità finanziaria, quella che ha sempre cementato l’asse privilegiato fra i popolari e il Pse. Quel rigore che Salvini e i suoi hanno sempre visto come il fumo negli occhi. Lo sviluppo può quindi riavvicinare le forze divise della galassia di centrodestra.
Il segnale viene proprio dall’Italia, dove è nato un governo guidato dal più autorevole degli europeisti, Mario Draghi, che continua a ripetere come in questo momento si debba dare denaro, e non chiederne. Sostegni, non nuove tasse. Politica espansiva, non accanimento sull’ultimo decimale. Logico che in un governo cosi caratterizzato la Lega ci si trovi benissimo, anche grazie al sapiente lavorio di collegamento operato da Giancarlo Giorgetti.
L’ingresso sulla scena di Draghi ha spostato gli equilibri tanto sul piano nazionale, quanto su quello europeo. Il più convinto sostenitore dell’ex presidente della Bce, Silvio Berlusconi, si è ritrovato sulla stessa barricata di Salvini. Fra i due i rapporti si stanno facendo più stretti, comprese le ultime dichiarazioni con cui il leader leghista si è assunto l’onere di rassicurare sulle condizioni di salute dell’ex premier. E in un riavvicinarsi delle posizioni di Lega e Forza Italia si può vedere la volontà di spostare al centro il baricentro dell’alleanza moderata. Anche un tentativo di frenare la crescita della Meloni nei sondaggi. Un centrodestra di governo che conta, e che ottiene risultati, anche se Salvini si affretta a smentire che esista fra lui e il Cavaliere un patto per emarginare Fratelli d’Italia. Lui, assicura, vuole unire, e non dividere.
Nella direzione di un riequilibrio al centro va anche la nascita della nuova formazione di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti, anche se gli azzurri hanno gridato al tradimento. Certo, Forza Italia è un partito in profonda crisi, legato strettamente alla presenza del proprio leader, da tempo lontano dalle scene. Inevitabile che chi ne fa parte cerchi prospettive di rielezione, lasciando una formazione che oggi ha molti più seggi di quelli che i sondaggi le assegnano.
Nulla è facile in politica, ma di fatto la nascita di “Coraggio, Italia” prova anch’essa la necessità di occupare lo spazio politico centrale, oggi il più turbolento, con tantissimi attori (Renzi, Calenda, Più Europa, oltre a Forza Italia e Udc/Noi con l’Italia), visto anche che il Pd di Enrico Letta e i 5 Stelle di Conte sembrano spostarsi a sinistra. Quando la nascita del partito di Brugnaro e Toti verrà digerita, il centrodestra si troverà con tre formazioni che, in modo differente, guardano al centro, mentre appoggiano l’azione di Draghi, e il riequilibrio dell’alleanza sarà più evidente.
Non è certo scontato l’esito di questa operazione, che scontra opposizioni e resistenze. Ma l’affermazione della Lega come partito di governo passa inevitabilmente da qui. Passa per scelte moderate nelle candidature per le amministrative (il problema è che siano anche competitive), e per l’unità di azione del centrodestra nella complicatissima partita per designare il successore di Mattarella al Quirinale.
In questa manovra Salvini gioca molte delle sue chances di conservare la leadership di una coalizione in cui si è sempre detto che la guida spetta al partito più votato. La crescita impetuosa della Meloni ha rimesso in gioco quel che appariva sino a qualche mese fa scontato. Per puntare su Palazzo Chigi il numero uno della Lega deve rafforzare la propria credibilità, e può farlo solo rassicurando il centro.
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