Vincono Salvini, Meloni (e l’assente Renzi). Perdono Di Maio, Zingaretti ed il fin troppo presente Berlusconi.

Questo, in estrema sintesi, il verdetto politico delle elezioni umbre che hanno incoronato Donatella Tesei nuovo presidente della Regione.

Nessun evento storico, come si è voluto enfatizzare, e nessuna sorpresa. Tutto era ampiamente prevedibile e previsto. Persino la proporzione della sconfitta, figlia – a sinistra – di scelte politiche da ultima spiaggia.



Insomma tutto bene, Madama la Marchesa?

Per la legislatura certamente sì. Per il Governo, forse, e per la stabilità del quadro politico, assolutamente no!

Molte le partire giocate in Umbria ed alcune sembrano aver dato gli attesi frutti: l’isolamento per “svuotamento” di Forza Italia e del fondatore del fu centrodestra Berlusconi, la consacrazione del Pd a partito guida del progetto giallo-rosso (con la riduzione ai minimi termini del movimento grillino) e, sempre a sinistra, la vittoria a mani basse del presidente del Consiglio nella battaglia per la leadership del nuovo soggetto politico che dovrebbe nascere dal consolidamento dell’alleanza politica a livello nazionale tra il Pd e i grillini.



Battaglia che per Giuseppe Conte conta doppio, anzi triplo.

Infatti il premier, a differenza di Zingaretti e Di Maio, oltre a non aver perso (essendo un primo ministro terzo, ovvero, senza partito) può sfruttare la debolezza di Pd e Movimento 5 Stelle per allontanare ogni velleità di elezioni anticipate, blindare il Governo e rafforzare la sua immagine di aggregatore rendendo sempre più evidente il suo ruolo di “capo”.

Ma in Umbria si è disputata anche un’altra sfida. Una sorta di sfida/non-sfida. Di una “studiata” assenza per indurre nell’elettorato la consapevolezza di una necessaria presenza. 



L’urgenza, per meglio dire, di procedere alla costituzione di un volano aggregatore (questa la mission di Italia viva) capace di confinare a destra Matteo Salvini e Giorgia Meloni e, a sinistra, il trio Conte, Di Maio, Zingaretti.

Ecco la partita giocata da Matteo Renzi nelle urne umbre. Una scommessa, certo. Ma anche un’intuizione che da un lato supera la rivendicazione di autosufficienza della sinistra (Veltroni docet) e, dall’altro, accantona le velleità – care a destra – del 51% o, per dirla alla Salvini, dei “pieni poteri”.

L’assenza di Italia Viva nella competizione umbra rischia però di avere un gran peso sui tavoli romani a partire da domani quando tornerà in ballo la finanziaria, con le misure importanti sulle quali permane ancora una forte dialettica nella maggioranza e per le quali urge trovare la quadra.

Quota 100 è avvertita!